Quando si arriva ad Ambonnay, all’indirizzo di André e Jacques Beaufort in Rue de Vaudemange, ci si chiede se non si sia sbagliato, se non si sia davanti al cancello di una casa in stato di abbandono.
Poi, si incontra Jacques, ci si presenta e subito si è colpiti dalla sua estrema semplicità e simpatia; si inizia a parlare di vino, di vigne, di champagne, e allora si capisce che tutto parla di naturalità, di umiltà, di passione per la coltivazione del vigneto e di amore per la vita.
Amore per la vita che Jacques ha realizzato mettendo al mondo 9 figli, di cui uno, Aymeric, dopo aver studiato enologia a Montpellier, ha un’azienda a Dions, vicino a Nimes, il Domaine de l’Ocre Rouge, dove coltiva i vitigni tipici del Sud (syrah, carignan, grenache) ma produce anche champagne da chardonnay e pinot noir con i metodi del padre.
Ma, soprattutto, parla di amore per la vita la vicenda umana della famiglia Beaufort produttrice di champagne.
Nel 1969 André, padre di Jacques, rischia di morire per un’allergia causata dal contatto con i prodotti chimici di sintesi impiegati nelle vigne; ne consegue una ricerca di trattamenti diversi, rispettosi dell’ambiente e della salute. Così, dal 1971 i Beaufort adottano, per la coltivazione della vite, le regole della “agrobiologia”; dal 1974 sperimentano e poi utilizzano oli essenziali per limitare l’evoluzione dei funghi parassiti in vigna; dal 1980 iniziano ad applicare l’omeopatia. Si legge sul sito aziendale che il terreno è lavorato mediante zappature leggere che limitano la concorrenza delle erbe nocive in superficie ma non intaccano le preziose radici della vite, e il suolo, al posto dei fertilizzanti chimici, è nutrito con un composto vegetale prodotto da loro stessi in azienda e arricchito con polvere di ossi di macelleria e farina di sangue. Questo composto viene sparso su tutta la superficie del terreno e consente di mantenere la quantità di humus necessaria per la vita, costituendo altresì uno schermo che conserva l’umidità per più tempo in caso di siccità. Ne deriva anche che il suolo, in quanto ben areato grazie al composto, al lavoro di zappatura ed agli organismi viventi come i lombrichi, possiede una grande permeabilità che facilita il rifornimento delle riserve idriche sotterranee.
Dall’incontro personale e dal colloquio con Jacques si impara che per lui ciò che conta non è il gusto sempre uguale o la riconoscibilità del prodotto da parte del consumatore di champagne; qualità è, invece, diversificazione sulla base del terroir, che i metodi dell’agrobiologia consentono di far esprimere con la massima spontaneità e naturalità, per cui il vino che ne deriva è vivo, ogni annata è diversa, non necessariamente migliore o peggiore, semplicemente caratterizzata, unica ed irripetibile; la vita del vino poi evolve in bottiglia, modificandosi, crescendo in complessità.
L’azienda ha i vigneti in due zone: a Polisy, nell’Aube, Côte de Bar, vicino a Bar-Sur-Seine; e ad Ambonnay, comune Grand Cru della Montagne de Reims, dove è anche la casa di famiglia e la sede dell’azienda; per i tre quarti le vigne sono piantate a Pinot Noir e per il resto a Chardonnay.
Tutti i vini, a parte i Rosé, sono assemblaggi di 80% Pinot Noir e 20% Chardonnay della medesima area. I Rosè, invece, sono prodotti da Pinot Noir di Ambonnay e da Chardonnay di Polisy.
Gli champagne che Jacques fa assaggiare ai visitatori non sono conservati, ovviamente, in un moderno frigorifero a temperatura controllata, ma in un grande contenitore termico, o porta-ghiaccio, nel quale ogni mattina inserisce una bottiglia di plastica con acqua ghiacciata.
La sua proposta, in controtendenza rispetto ai consueti dogmi, è quella di servire e degustare lo champagne a 12-13°C, non più freddo, per consentire l’emersione dei profumi: a 8°C non si sente nulla al naso, non si fa esprimere il vino, il terroir e l’annata con le loro caratteristiche. Del resto gli champagne Beaufort hanno una loro intrinseca elevata acidità che non necessita della bassa temperatura per essere percepita, ed a temperatura più elevata si gode di tutta la complessità olfattiva di cui gli champagne sono capaci.
Al momento degli assaggi le bottiglie erano tutte già aperte da due giorni, alcune da una settimana o anche un mese, e ciò, se ha impedito di percepire al loro meglio le bollicine, ha consentito di capire bene che cosa significhi conservazione del vino grazie alla sua acidità e, in presenza di intensità e complessità olfattive inaspettate, ha lasciato immaginare quanto siano grandi quei vini appena aperti o poco dopo.
Molto premiati sono i Demi-Sec di André e Jacques Beaufort, che amano molto questa tipologia: si tratta di champagne con 45 gr / litro di zucchero, una quantità molto elevata, se si pensa che – dice Jacques – a quasi tutti i produttori 35 gr / litro sembra già troppo; questa scelta stilistica di dolcezza è consentita dal lavoro in vigna che garantisce elevate acidità, per cui il consistente grado zuccherino è sempre ben equilibrato dalla freschezza. Jacques parla di perfetta fusione dello zucchero nel vino grazie all’acidità, ed all’assaggio colpisce la estrema piacevolezza e bevibilità di questi prodotti, dolci ma per niente stucchevoli.
Per capire i risultati dell’agrobiologia in viticoltura, dalla degustazione dei millesimati 2004 e 2002 di Ambonnay in sequenza è emersa una differenza che subito Jacques ha provveduto a sottolineare e giustificare: l’annata 2002 in Champagne è stata senz’altro migliore rispetto alla successiva 2004 (e questo lo si è percepito dalla struttura maggiore, in bocca, del primo rispetto al secondo); ma i due vini assaggiati presentavano una netta diversità al naso, con il 2002 molto meno complesso del 2004, più espresso e ricco di sentori e profumi. Ebbene: le uve per il 2002 sono state raccolte dai filari esterni della vigna, molto vicini alle vigne confinanti coltivate con metodi convenzionali ed uso di prodotti chimici; le uve per il 2004, invece, provengono dal “cuore” della stessa vigna, da filari insensibili alle “contaminazioni” dei viticoltori vicini e dunque integralmente biologiche e naturali. Ecco che il 2002 ha un naso più semplice e, soprattutto, omologato, mentre il 2004 presenta sentori più variegati e rispettosi del terroir di provenienza, anche se l’annata è stata minore.
Poi Jacques ha fatto un esempio istruttivo di quali conseguenze abbia sul vino la conduzione biologica del vigneto: in viticoltura convenzionale si utilizza il potassio, ma questo prodotto ha la conseguenza di diminuire l’acidità dell’uva e, quindi, del vino. In altre parole, il prodotto di una vigna che non riceve potassio ha un’acidità migliore rispetto a quello che proviene da piante abituate a concimi chimici per aumentarne la produttività.
Ciò che caratterizza i vini di Beaufort è senz’altro l’elevata acidità che li rende sempre freschi e piacevoli anche quando sono molto evoluti oppure contengono un consistente dosaggio zuccherino.
Ecco che gli champagne che più hanno colpito all’assaggio,il 25 agosto 2010, sono i millesimi più risalenti nel tempo ma con degorgement recente dopo lungo affinamento: l’Ambonnay 1996, sboccato a luglio 2010, aveva un’acidità da Chablis Grand Cru 2009. E non a caso in vendita l’azienda ha una vera e propria collezione di vecchie annate, fino agli anni Settanta del 1900. Del resto Jacques invita ad aprire i suoi millesimati più affinati dopo qualche anno, anche dieci, dal degorgement, per godere appieno della complessità di cui sono capaci.
Degustazione.
1) Polisy Brut s.a. (ma 2006; del millesimato sono state prodotte solo 3000 bottiglie) – Colpisce la finezza delle bollicine; al naso sentori di fieno e frutta fresca.
2) Polisy Brut Millesimé 2002 – Naso fine ed elegante, con una netta e bella mineralità; la bollicina è finissima, sembra quasi che non ci sia ma invece invade il palato; fresco, lungo e pulitissimo il finale, sapido e ancora minerale.
3) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2004 - Naso complesso, con bei frutti rossi eleganti, note minerali, leggero sentore affumicato (non da legno).
4) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2002 - Miele, note affumicate, mineralità; meno complesso al naso, ma più strutturato e persistente in bocca, dove torna una netta sensazione di miele di acacia.
5) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2000 (bottiglia aperta da un mese!) – Bellissimo naso, con mineralità, frutta secca, erbe aromatiche fresche… Finezza di perlage e acidità netta in bocca, lungo.
6) Polisy Millesimé 1999 – Naso più semplice degli altri, ma nettamente minerale, elegantissimo; bella acidità, è molto verticale, dritto, lungo.
7) Polisy Millesimé 1996 – 9 gr / litro di zucchero, sboccatura 2008; naso elegante e complesso, frutti rossi, fiori bianchi, minerale; la bollicina è finissima; in bocca ha grande acidità, il finale è lunghissimo.
8) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 – Naso intrigante, complesso, con noccioline, mineralità, leggera frutta secca; ha un’acidità da Chablis 2009… strutturato e lunghissimo; un grande vino.
9) Rosé Millesimé 2005 – Al naso escono rosa, fragola e tanta mineralità; le bollicine sono leggermente meno fini degli altri vini, ma la piacevolezza è grande.
10) Ambonnay Grand Cru Rosè Millesimé 2004 (aperto da un po’ di tempo, è senza perlage)
11) Rosè Millesimé 2005 Demi Sec – Naso complesso con tanta fragola; bocca dolce, piacevole e fresca, ancora su note evidenti di fragola.
12) Polisy Millesimé 2002 Demi Sec - Anche questo molto complesso al naso! Lungo, zucchero molto ben fuso.
13) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2005 Demi Sec – Incredibile bevibilità.
14) Polisy Millesimé 1996 Demi Sec – Naso molto intenso e complesso, con un catalogo di piccoli frutti rossi.
15) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 Demi Sec (degorgement 2007) – Grande nota minerale, poi tanta frutta rossa… Elegante e freschissimo. Emozionante, come il “fratello” Polisy.
[I successivi vini sono stati versati da bottiglie che Jacques aveva aperto ad aprile 2010 (da più di 4 mesi!) per una degustazione con i sommelier del ristorante “Noma” di Copenhagen, recentemente incoronato come il miglior ristorante del mondo, superando El Bulli di Ferran Adrià. Tutti presentavano una leggera nota ossidativa, ma colpivano per la presenza di profumi, per una acidità nettissima e per un perlage quasi svanito ma ancora percepibile].
16) Polisy Brut Millesimé 1995 (degorgement 2007) – Bel naso, leggera ossidazione, frutta secca, mandorla… Clamorosa acidità.
17) Polisy Brut Millesimé 1990 (degorgement 2008, circa 17 anni sui lieviti) – Complesso, evoluto al naso, con frutta secca dolce (fico secco); grande acidità in bocca, sembra giovane.
18) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1991
19) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1990 – E’ un Sec, poiché per un errore di dosage di questa bottiglia ci sono 20 gr / litro di zucchero.
20) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 – Grande complessità olfattiva, frutta secca, note burrose, pan-brioche, c’è ossidazione, anche in bocca, ma grande bevibilità e freschezza acida che mantiene il vino ben in vita.
21) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 Demi Sec (40 gr / litro)
A casa, dopo cena:
22) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1988 (degorgement 1999) – Perlage presente, non molto ma finissimo; colore giallo dorato vivo; al nasco escono tanta frutta secca, note minerali e sentori ossidativi. In bocca ha perlage che sembra scarso ed invece poco dopo l’ingresso accarezza e riempie la bocca; il vino entra morbido e poi genera salivazione abbondante, con bella acidità che rende piacevole ed equilibrata la bevibilità; emerge una netta albicocca essiccata, poi il vino vira su note ossidative, tanta frutta secca e ritorni di fieno, mineralità e sottobosco (che col tempo sono poi usciti anche all’olfazione diretta); persistente il finale. Per alcuni degustatori la nota ossidativa manifesta l’inizio della parabola discendente e non rende soggettivamente piacevole l’assaggio; per altri (tra i quali chi scrive…) è risultato un vino intrigante, certamente evoluto ma ancora vivo e presente, capace di emozionare.
DAVIDE AMADEI (già pubblicato su www.corrieredelvino.it)
Poi, si incontra Jacques, ci si presenta e subito si è colpiti dalla sua estrema semplicità e simpatia; si inizia a parlare di vino, di vigne, di champagne, e allora si capisce che tutto parla di naturalità, di umiltà, di passione per la coltivazione del vigneto e di amore per la vita.
Amore per la vita che Jacques ha realizzato mettendo al mondo 9 figli, di cui uno, Aymeric, dopo aver studiato enologia a Montpellier, ha un’azienda a Dions, vicino a Nimes, il Domaine de l’Ocre Rouge, dove coltiva i vitigni tipici del Sud (syrah, carignan, grenache) ma produce anche champagne da chardonnay e pinot noir con i metodi del padre.
Ma, soprattutto, parla di amore per la vita la vicenda umana della famiglia Beaufort produttrice di champagne.
Nel 1969 André, padre di Jacques, rischia di morire per un’allergia causata dal contatto con i prodotti chimici di sintesi impiegati nelle vigne; ne consegue una ricerca di trattamenti diversi, rispettosi dell’ambiente e della salute. Così, dal 1971 i Beaufort adottano, per la coltivazione della vite, le regole della “agrobiologia”; dal 1974 sperimentano e poi utilizzano oli essenziali per limitare l’evoluzione dei funghi parassiti in vigna; dal 1980 iniziano ad applicare l’omeopatia. Si legge sul sito aziendale che il terreno è lavorato mediante zappature leggere che limitano la concorrenza delle erbe nocive in superficie ma non intaccano le preziose radici della vite, e il suolo, al posto dei fertilizzanti chimici, è nutrito con un composto vegetale prodotto da loro stessi in azienda e arricchito con polvere di ossi di macelleria e farina di sangue. Questo composto viene sparso su tutta la superficie del terreno e consente di mantenere la quantità di humus necessaria per la vita, costituendo altresì uno schermo che conserva l’umidità per più tempo in caso di siccità. Ne deriva anche che il suolo, in quanto ben areato grazie al composto, al lavoro di zappatura ed agli organismi viventi come i lombrichi, possiede una grande permeabilità che facilita il rifornimento delle riserve idriche sotterranee.
Dall’incontro personale e dal colloquio con Jacques si impara che per lui ciò che conta non è il gusto sempre uguale o la riconoscibilità del prodotto da parte del consumatore di champagne; qualità è, invece, diversificazione sulla base del terroir, che i metodi dell’agrobiologia consentono di far esprimere con la massima spontaneità e naturalità, per cui il vino che ne deriva è vivo, ogni annata è diversa, non necessariamente migliore o peggiore, semplicemente caratterizzata, unica ed irripetibile; la vita del vino poi evolve in bottiglia, modificandosi, crescendo in complessità.
L’azienda ha i vigneti in due zone: a Polisy, nell’Aube, Côte de Bar, vicino a Bar-Sur-Seine; e ad Ambonnay, comune Grand Cru della Montagne de Reims, dove è anche la casa di famiglia e la sede dell’azienda; per i tre quarti le vigne sono piantate a Pinot Noir e per il resto a Chardonnay.
Tutti i vini, a parte i Rosé, sono assemblaggi di 80% Pinot Noir e 20% Chardonnay della medesima area. I Rosè, invece, sono prodotti da Pinot Noir di Ambonnay e da Chardonnay di Polisy.
Gli champagne che Jacques fa assaggiare ai visitatori non sono conservati, ovviamente, in un moderno frigorifero a temperatura controllata, ma in un grande contenitore termico, o porta-ghiaccio, nel quale ogni mattina inserisce una bottiglia di plastica con acqua ghiacciata.
La sua proposta, in controtendenza rispetto ai consueti dogmi, è quella di servire e degustare lo champagne a 12-13°C, non più freddo, per consentire l’emersione dei profumi: a 8°C non si sente nulla al naso, non si fa esprimere il vino, il terroir e l’annata con le loro caratteristiche. Del resto gli champagne Beaufort hanno una loro intrinseca elevata acidità che non necessita della bassa temperatura per essere percepita, ed a temperatura più elevata si gode di tutta la complessità olfattiva di cui gli champagne sono capaci.
Al momento degli assaggi le bottiglie erano tutte già aperte da due giorni, alcune da una settimana o anche un mese, e ciò, se ha impedito di percepire al loro meglio le bollicine, ha consentito di capire bene che cosa significhi conservazione del vino grazie alla sua acidità e, in presenza di intensità e complessità olfattive inaspettate, ha lasciato immaginare quanto siano grandi quei vini appena aperti o poco dopo.
Molto premiati sono i Demi-Sec di André e Jacques Beaufort, che amano molto questa tipologia: si tratta di champagne con 45 gr / litro di zucchero, una quantità molto elevata, se si pensa che – dice Jacques – a quasi tutti i produttori 35 gr / litro sembra già troppo; questa scelta stilistica di dolcezza è consentita dal lavoro in vigna che garantisce elevate acidità, per cui il consistente grado zuccherino è sempre ben equilibrato dalla freschezza. Jacques parla di perfetta fusione dello zucchero nel vino grazie all’acidità, ed all’assaggio colpisce la estrema piacevolezza e bevibilità di questi prodotti, dolci ma per niente stucchevoli.
Per capire i risultati dell’agrobiologia in viticoltura, dalla degustazione dei millesimati 2004 e 2002 di Ambonnay in sequenza è emersa una differenza che subito Jacques ha provveduto a sottolineare e giustificare: l’annata 2002 in Champagne è stata senz’altro migliore rispetto alla successiva 2004 (e questo lo si è percepito dalla struttura maggiore, in bocca, del primo rispetto al secondo); ma i due vini assaggiati presentavano una netta diversità al naso, con il 2002 molto meno complesso del 2004, più espresso e ricco di sentori e profumi. Ebbene: le uve per il 2002 sono state raccolte dai filari esterni della vigna, molto vicini alle vigne confinanti coltivate con metodi convenzionali ed uso di prodotti chimici; le uve per il 2004, invece, provengono dal “cuore” della stessa vigna, da filari insensibili alle “contaminazioni” dei viticoltori vicini e dunque integralmente biologiche e naturali. Ecco che il 2002 ha un naso più semplice e, soprattutto, omologato, mentre il 2004 presenta sentori più variegati e rispettosi del terroir di provenienza, anche se l’annata è stata minore.
Poi Jacques ha fatto un esempio istruttivo di quali conseguenze abbia sul vino la conduzione biologica del vigneto: in viticoltura convenzionale si utilizza il potassio, ma questo prodotto ha la conseguenza di diminuire l’acidità dell’uva e, quindi, del vino. In altre parole, il prodotto di una vigna che non riceve potassio ha un’acidità migliore rispetto a quello che proviene da piante abituate a concimi chimici per aumentarne la produttività.
Ciò che caratterizza i vini di Beaufort è senz’altro l’elevata acidità che li rende sempre freschi e piacevoli anche quando sono molto evoluti oppure contengono un consistente dosaggio zuccherino.
Ecco che gli champagne che più hanno colpito all’assaggio,il 25 agosto 2010, sono i millesimi più risalenti nel tempo ma con degorgement recente dopo lungo affinamento: l’Ambonnay 1996, sboccato a luglio 2010, aveva un’acidità da Chablis Grand Cru 2009. E non a caso in vendita l’azienda ha una vera e propria collezione di vecchie annate, fino agli anni Settanta del 1900. Del resto Jacques invita ad aprire i suoi millesimati più affinati dopo qualche anno, anche dieci, dal degorgement, per godere appieno della complessità di cui sono capaci.
Degustazione.
1) Polisy Brut s.a. (ma 2006; del millesimato sono state prodotte solo 3000 bottiglie) – Colpisce la finezza delle bollicine; al naso sentori di fieno e frutta fresca.
2) Polisy Brut Millesimé 2002 – Naso fine ed elegante, con una netta e bella mineralità; la bollicina è finissima, sembra quasi che non ci sia ma invece invade il palato; fresco, lungo e pulitissimo il finale, sapido e ancora minerale.
3) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2004 - Naso complesso, con bei frutti rossi eleganti, note minerali, leggero sentore affumicato (non da legno).
4) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2002 - Miele, note affumicate, mineralità; meno complesso al naso, ma più strutturato e persistente in bocca, dove torna una netta sensazione di miele di acacia.
5) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2000 (bottiglia aperta da un mese!) – Bellissimo naso, con mineralità, frutta secca, erbe aromatiche fresche… Finezza di perlage e acidità netta in bocca, lungo.
6) Polisy Millesimé 1999 – Naso più semplice degli altri, ma nettamente minerale, elegantissimo; bella acidità, è molto verticale, dritto, lungo.
7) Polisy Millesimé 1996 – 9 gr / litro di zucchero, sboccatura 2008; naso elegante e complesso, frutti rossi, fiori bianchi, minerale; la bollicina è finissima; in bocca ha grande acidità, il finale è lunghissimo.
8) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 – Naso intrigante, complesso, con noccioline, mineralità, leggera frutta secca; ha un’acidità da Chablis 2009… strutturato e lunghissimo; un grande vino.
9) Rosé Millesimé 2005 – Al naso escono rosa, fragola e tanta mineralità; le bollicine sono leggermente meno fini degli altri vini, ma la piacevolezza è grande.
10) Ambonnay Grand Cru Rosè Millesimé 2004 (aperto da un po’ di tempo, è senza perlage)
11) Rosè Millesimé 2005 Demi Sec – Naso complesso con tanta fragola; bocca dolce, piacevole e fresca, ancora su note evidenti di fragola.
12) Polisy Millesimé 2002 Demi Sec - Anche questo molto complesso al naso! Lungo, zucchero molto ben fuso.
13) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2005 Demi Sec – Incredibile bevibilità.
14) Polisy Millesimé 1996 Demi Sec – Naso molto intenso e complesso, con un catalogo di piccoli frutti rossi.
15) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 Demi Sec (degorgement 2007) – Grande nota minerale, poi tanta frutta rossa… Elegante e freschissimo. Emozionante, come il “fratello” Polisy.
[I successivi vini sono stati versati da bottiglie che Jacques aveva aperto ad aprile 2010 (da più di 4 mesi!) per una degustazione con i sommelier del ristorante “Noma” di Copenhagen, recentemente incoronato come il miglior ristorante del mondo, superando El Bulli di Ferran Adrià. Tutti presentavano una leggera nota ossidativa, ma colpivano per la presenza di profumi, per una acidità nettissima e per un perlage quasi svanito ma ancora percepibile].
16) Polisy Brut Millesimé 1995 (degorgement 2007) – Bel naso, leggera ossidazione, frutta secca, mandorla… Clamorosa acidità.
17) Polisy Brut Millesimé 1990 (degorgement 2008, circa 17 anni sui lieviti) – Complesso, evoluto al naso, con frutta secca dolce (fico secco); grande acidità in bocca, sembra giovane.
18) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1991
19) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1990 – E’ un Sec, poiché per un errore di dosage di questa bottiglia ci sono 20 gr / litro di zucchero.
20) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 – Grande complessità olfattiva, frutta secca, note burrose, pan-brioche, c’è ossidazione, anche in bocca, ma grande bevibilità e freschezza acida che mantiene il vino ben in vita.
21) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 Demi Sec (40 gr / litro)
A casa, dopo cena:
22) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1988 (degorgement 1999) – Perlage presente, non molto ma finissimo; colore giallo dorato vivo; al nasco escono tanta frutta secca, note minerali e sentori ossidativi. In bocca ha perlage che sembra scarso ed invece poco dopo l’ingresso accarezza e riempie la bocca; il vino entra morbido e poi genera salivazione abbondante, con bella acidità che rende piacevole ed equilibrata la bevibilità; emerge una netta albicocca essiccata, poi il vino vira su note ossidative, tanta frutta secca e ritorni di fieno, mineralità e sottobosco (che col tempo sono poi usciti anche all’olfazione diretta); persistente il finale. Per alcuni degustatori la nota ossidativa manifesta l’inizio della parabola discendente e non rende soggettivamente piacevole l’assaggio; per altri (tra i quali chi scrive…) è risultato un vino intrigante, certamente evoluto ma ancora vivo e presente, capace di emozionare.
DAVIDE AMADEI (già pubblicato su www.corrieredelvino.it)
Riferimenti:
Champagne BEAUFORT André & Jacques
1 Rue de Vaudemanges, 51150 AMBONNAY
Tel: 03.26.57.01.50 (+0033) fax: 03.26.52.83.50 (+0033)
e-mail: ajbeaufort@free.fr sito internet: http://www.champagnebeaufort.com/