Ad Aÿ ha sede una delle più importanti maisons di champagne, che ha sempre fatto dell’elevata qualità il proprio criterio produttivo e commerciale: si tratta di Bollinger, con uffici e accoglienza in una bellissima dimora storica ai margini della cittadina, proprio dove iniziano le vigne della grande collina, esposta quasi interamente a Sud, del Comune Grand Cru di Aÿ.
La visita è condotta da Monsieur Christian Dennis, da molti anni responsabile delle visite dell’azienda e, soprattutto, espertissimo conoscitore dell’economia e del mercato della Champagne e dello Champagne.
Egli subito tiene a precisare e sottolineare le peculiarità di Bollinger.
Innanzitutto è una delle pochissime maisons rimaste indipendenti, non acquistate da grandi gruppi economico-finanziari o inglobate in altre più grandi: insieme a Taittinger (6 milioni di bottiglie), Roederer (3 milioni) e Pol Roger (subito sotto a Bollinger per numero di bottiglie), resta un’azienda relativamente piccola nel panorama dei negociants champenois.
In secondo luogo, pur trattandosi appunto di una maison, almeno il 60% delle uve proviene da vigneti di proprietà, che assommano a 163 ettari, per cui solo una minoranza di uve è acquistata da vignerons. Dei 163 ettari di proprietà, l’85% sono situati in aree Grand Cru o Premier Cru (di cui l’80% Grand Cru).
In terzo luogo, Bollinger è proprietaria di tre piccole vigne qualificabili come clos, nel senso borgognone, in quanto circondate da un muro perimetrale, dove si coltivano viti non innestate su portainnesto americano ma a “piede franco”, non distrutte dalle fillossera. Una di queste vigne si trova a Bouzy ma recentemente ha cessato di produrre per cause naturali (è arrivata la fillossera). Le altre due sono “giardini” presso la sede dell’azienda: una si trova subito dietro il fabbricato storico degli uffici e dell’accoglienza; l’altra appena sotto, verso il centro del paese, ma a soli 50 metri dal cancello dell’edificio principale. Un’apposita equipe si occupa esclusivamente della cura di questi due clos.
Da queste due vigne, che insieme non arrivano a 0,70 ettari, si ricavano le uve per la produzione del vino più raro (introvabile) della maison: il Blanc de Noirs Vieilles Vignes Françaises, prodotto in 3000 bottiglie soltanto nelle annate che lo meritano.
Si tratta di vigne esclusivamente coltivate a pinot nero: «qui a Bollinger siamo maniaci del pinot noir», dice Dennis. Ed infatti tutte le cuvée hanno almento il 60% di pinot noir.
La particolarità di queste vigne è la coltivazione con metodo provinage , equivalente in vigna del sistema di “filiazione” delle piante detto, in Francia, marcottage (è quello che ben si vede nei famosi faggi di Verzy, sul versante Nord della Montagne de Reims): si tratta di un allevamento della pianta ad alberello, con la caratteristica di creare altre piante vicine per propagazione, senza necessità di innesto; qualcosa di molto simile si ritrova in Italia per le viti di Nerello Mascalese sull’Etna (non a caso anch’esse spesso a piede franco e “prefillosseriche”).
Questo sistema consente la protezione contro la fillossera, non essendo necessario, appunto, l’innesto su piede americano; ma il famigerato afide è anche tenuto lontano dall’isolamento delle due vigne che, circondate da un muro, sono anche piuttosto distanti da tutti gli altri vigneti, con strade e case a fare da ulteriore “intercapedine”.
Soprattutto, il metodo di coltivazione, ad alberello e per propagazione, consente alla pianta di produrre uve estremamente ricche e concentrate; la quantità di uva per ettaro è di 600 kg, rispetto ad una media, in Champagne, di 1000 kg.
Colpisce il fatto che punto di partenza della visita siano proprio queste vigne, vetta massima e punto di riferimento della qualità che l’azienda intende perseguire. Anche se poi il vino che ne deriva, purtroppo, non è proposto in degustazione, la cura per questi due piccoli clos costituisce la realizzazione estrema dei criteri produttivi di Bollinger, cui rapportarsi anche per gli altri champagne.
Ulteriori elementi che differenziano Bollinger dalle altre maisons emergono nel corso della visita.
Prima si passa attraverso gli ampi locali, al piano terreno delle cantine storiche, dove al momento della visita (il 23 agosto 2010) stava svolgendosi con grande fermento il roulage des tonneaux, il lavaggio delle botti.
La maison è, infatti, una delle tre sole (con Krug a Reims e, in parte, Alfred Gratien ad Epernay) ad utilizzare botti di legno per l’affinamento del vino prima del tirage per la seconda fermentazione: la scelta aziendale si basa sulla considerazione del legno come sviluppatore di profumi e sentori, senza che ceda o fornisca suoi aromi. Ecco che per lo più si ha la sosta per 6 mesi in barriques, fornite da Chanson Pére & Fils usate di 4 anni, dove questo importante negociant di Beaune ha elevato lo chardonnay di Borgogna; Bollinger poi utilizza le botti per molti anni, fino a 40. Peraltro, il miglior pinot noir affina in botti più grandi, da 500 litri. Ogni singola botte è dotata di un codice a barre che registra la “storia” ed il percorso del contenitore, per rendere tracciabile e controllabile la qualità del vino. L’ambiente ha umidità artificiale e costante al 77% per evitare ogni rischio di evaporazione del vino dai recipienti.
Poi si va sottoterra, dove avvengono il lento affinamento degli champagne e le operazioni di remuage e degorgement. Bollinger ha 5 km di gallerie sotterranee ad Aÿ, con temperatura ed umidità perfette per la conservazione e produzione dei suoi vini.
E nelle gallerie si scoprono altre peculiarità, che qualificano e differenziano Bollinger.
Subito si cammina in mezzo a 300 metri di cataste di magnum in posizione orizzontale. E’ una parte dei “vini di riserva”, utilizzati per la Special Cuvée, che vengono conservati, fino a 12 anni, in magnum suddivisi per annata, vitigno, e singolo village di provenienza delle uve, con aggiunta di 6 gr /litro di zucchero (rispetto ai 24 che si usano per il tirage) da cui deriva una leggera presa di spuma.
E’ una unicità di Bollinger: tutti gli altri produttori conservano i vini di riserva in contenitori d’acciaio o in botti di legno. La magnum, spiega Dennis, consente di utilizzare vini affinati perfettamente nell’”ambiente” del vetro della bottiglia, ma soprattutto, poiché ogni magnum contiene vino (100% chardonnay o pinot noir) proveniente da uno specifico cru e da un preciso millesimo, si può valutare e studiare l’evoluzione di ciascun vino e valorizzarne al massimo le caratteristiche individuali in funzione degli assemblaggi: la conservazione in magnum infatti garantisce una più precisa emersione delle caratteristiche del singolo appezzamento, del terroir e dell’annata.
Decisamente originale è anche l’uso del tappo di sughero per la presa di spuma e l’affinamento dei millesimati e per le magnum dei vini di riserva, mentre il tradizionale tappo a corona, con la bidule per la raccolta dei lieviti morti, è riservato ai non millesimati.
Comune ad altre maisons è invece l’effettuazione del tradizionale remuage a mano per tutti i millesimati, destinando i non millesimati a sistemi automatici quali le gyropalet.
Tutti questi criteri di qualità seguiti dalla Maison Bollinger sono consacrati in un decalogo, chiamato “Carta Etica e di Qualità”, che enuncia un vero e proprio manifesto per perseguire l’eccellenza dei vini prodotti.
Ne derivano champagne che colpiscono per l’estrema finezza delle bollicine, sia alla vista sia soprattutto in bocca, dove creano sensazioni di rara piacevolezza.
Non si può non concludere, allora, con la citazione di una famosissima affermazione, spesso ricordata quando si parla di champagne, di Madame Bollinger, detta Tante Lily, del 1961 al London Daily Mail: «Bevo il mio champagne quando sono felice e quando sono triste. A volte lo bevo quando sono sola. Quando sono in compagnia lo considero obbligatorio. Giocherello con lui se non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco mai, tranne se ho sete».
Degustazione.
1) Special Cuvée – 60% Pinot Noir, 25% Chardonnay, 15% Pinot Meunier; quest’ultima uva è utilizzata soltanto per i non millesimati, conferisce frutto e piacevolezza, ma è ritenuta non adatta per i grandi champagne millesimati. E’ interessante notare che per questo come per tutti gli altri vini è utilizzato solo il mosto definito cuvée, cioè i 2050 litri derivanti dalla prima spremitura dei 4000 kg di uva (il marc) immessi nella pressa, mentre il succo della seconda e terza pressatura (tailles), meno soffici, è venduto ad altre aziende. Alla vista ma soprattutto al gusto colpisce la qualità della spuma, con bollicine finissime e carezzevoli.
2) Rosè Brut – E’ non millesimato, nuova creazione recente di Bollinger (esisteva già da tempo il Rosè millesimato, La Grand Année); stesso assemblaggio della Special Cuvée con aggiunta di una porzione di vino rosso di Aÿ. Al naso, complesso, ha una bella nota affumicata, poi intensi frutti di bosco; in bocca è lungo ed elegantissimo. Il dosaggio è più basso, 8 gr / litro, rispetto agli altri prodotti.
3) La Grand Année 2000 – 65% Pinot Noir, 35% Chardonnay; le uve provengono esclusivamente da vigneti Grand e Premier Cru. Degorgement avvenuto a marzo 2010, dopo 9 anni di affinamento sui lieviti. Il naso è intenso e complesso, intrigante, con zafferano, tanti fiori bianchi, note affumicate; le bollicine sono tantissime e finissime; la bocca è suadente, ricca, piacevole e lunga.
4) La Grand Année 2002 Rosé – All’inizio è contratto al naso, poi si apre sontuoso su frutti rossi netti e fragranti, caramello, nocciola, frutta secca e tanto altro; in bocca è immenso: morbidissimo, potente, con elevatissima finezza del perlage, finale freschissimo e di lunghissima persistenza. Un assaggio emozionante ed indimenticabile.
(Davide Amadei - già pubblicato su www.corrieredelvino.it)
Riferimenti.
CHAMPAGNE BOLLINGER
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