giovedì 16 maggio 2013

RICHEBOURG 2005 DOMAINE LEROY




Leroy, Richebourg 2005: inaspettato, indimenticabile.

Capita che una cena tra amici con grandi vini, ma senza strafare, si trasformi in una serata da fissare come pietra miliare della storia personale di assaggiatore e appassionato di vino.

La causa è un evento drammatico per un conservatore di vini scrupoloso come l’amico Davide Cecio: si rompe il termostato della cantinetta ed alcune bottiglie ghiacciano, cacciando fuori il tappo di sughero; ormai la potenzialità d’evoluzione è pregiudicata, e non resta che berle. Ne è derivato un assaggio che ha cambiato i punti di riferimento, che ha sconvolto i criteri che un appassionato di vino e di Borgogna aveva prima di esso: il Richebourg 2005 del Domaine Leroy.

E’ stato il primo vero incontro con un vino di Madame Lalou Bize-Leroy, dopo aver letto tante cose, essere stati in venerazione al cancello del Domaine a Vosne-Romanée, aver visto in enoteche o in rete etichette inarrivabili. E che vino! Uno dei gioielli del Domaine, in un millesimo tra i più grandi di sempre.

L’annata è la 2005, celebratissima per i rossi della Côte de Nuits, con potenziale evolutivo senza pari; il vino viene dal mitico Grand Cru Richebourg, nel Comune di Vosne-Romanée, posto tra Romanée-Conti a Sud, Romanée-Saint-Vivant a Est, Echezeaux ad Est e a Nord.

Nel bicchiere, la veste è di un rosso rubino piuttosto concentrato e brillante. Il naso è sontuoso, pieno ed ampio, con grafite, cenni di incenso, terra, cassis, sottobosco, fresco e goloso, note anche balsamiche e di menta fresca; poi escono radici aromatiche, sandalo, ma anche frutto rosso; evolve continuamente, verso sentori anche floreali (rosa, viola). In bocca è eclatante, la struttura è immensa, potente, ha tutte le componenti, integrate, all’ennesima potenza: il tannino, molto giovane, è pura seta, il gusto è quasi salato, è freschissimo e soprattutto ha una profondità trascinante; il finale pare non cedere mai, su ritorni continui di spezie, grafite, frutti di bosco, terra.

Non aveva i “due secoli di affinamento” che Fabio Rizzari, nel libro “Vini e terre di Borgogna” (di Camillo Favaro e Giampaolo Gravina), ritiene necessari per questo “mostro”, ma certamente ha suscitato un’indescrivibile emozione, ed il ricordo rimarrà a lungo, indelebile, nella memoria e nei sensi di chi ha avuto la fortuna di quest’assaggio.

Poco prima, per lo stesso motivo, è “toccato” bere un altro grandissimo vino: Chateau Cheval Blanc 1985.

Un vino aristocratico, elegantissimo: colore granato ma vivissimo, limpido, al naso inizialmente prevalgono note di cenere, molto nette ed intriganti, poi escono incenso, tè, sentori fruttati ancora presenti, di grande eleganza; successivamente sentori agrumati, bergamotto, tabacco dolce; la bocca è ficcante, molto sapida, quasi marina, il tannino è finissimo e presente anche se sfumato; il finale è elegante, pulito e molto lungo, su sensazioni minerali e cineree.

(2 marzo 2013 a Casa Amadei)


venerdì 11 gennaio 2013

DOMAINE PONSOT: SULLA VETTA DELL'ELEGANZA




DOMAINE PONSOT: SULLA VETTA DELL’ELEGANZA
Laboratorio al Salone del Gusto Domenica 28 ottobre 2012 ore 12

A volte capita. Il laboratorio registrava il “tutto-esaurito” da tempo, ma ho provato a presentarmi, aspettando qualche minuto fuori dalla porta, ed è andata bene: un paio di posti sono rimasti vuoti e mi hanno inserito.
Era un evento sui rari vini del Domaine Ponsot di Borgogna, con la sig.ra Rose-Marie Ponsot ed il marito a spiegare l’azienda ed introdurre la degustazione dei singoli vini.
Il Domaine Ponsot fu fondato nel 1872 da William Ponsot, zio di Hyppolite, nonno degli attuali gerenti; quest’ultimo era un giurista che, dopo aver girato il mondo come diplomatico, decise di dedicarsi interamente al vino. La sua competenza giuridica fu importante per consentirgli di promuovere la classificazione dell’Appellation Controlée in Borgogna; inoltre, l’esperienza internazionale diplomatica gli aveva creato la consapevolezza dell’importanza dell’esportazione dei vini all’estero, che intraprese come precursore fin dal 1936.
Poi, suo figlio Jean-Marie, riprendendo l’attività, negli anni Sessanta del Secolo scorso, compì approfonditi studi sulle piante di pinot noir per utilizzare sempre le migliori viti: fu un vero pioniere della selezione clonale in Borgogna ed ancora oggi i produttori piantano i cloni individuati da Ponsot per la migliore qualità delle uve.
Attualmente, dal 1997, il Domaine è gestito da Laurent, che ha assistito il padre fin dall’inizio degli anni ’80, con le sorelle Rose-Marie, Catherine e Stephanie.
La sig.ra Rose-Marie Ponsot ha spiegato la filosofia dell’azienda. Quando si parla di metodi di coltivazione, afferma che non hanno bisogno di certificazione, perché da sempre hanno il massimo rispetto per il terreno e la natura: la scelta è quella di fare il vino in modo genuino con l’uva che è donata dalla terra e dalla singola annata.
Una particolarità è l’uso di legno non nuovo, di 5 anni o anche qualche decennio, per evitare che la botte ceda sentori al vino limitando o prevaricando l’espressione del territorio. Una scelta nel senso dell’eleganza e del rispetto della natura che dai singoli climats genera differenze di profumi, strutture ed emozioni.

In degustazione sono stati proposti sei vini dell’annata 2006.

Chambolle-Musigny Cuvée des Cigalles 2006 – Molto floreale al naso, leggere note balsamiche e sensazioni fumé, fresco e fruttato con fragola e lampone; bocca di grande eleganza, tannino presente e freschezza acida; non lungo, ma pulitissimo, di irresistibile equilibrio, con ritorni di piccoli frutti di bosco freschi. Dopo quasi un’ora nel bicchiere il naso resta elegantissimo. Un village come se ne trovano pochi.

Morey-Saint-Denis 1er Cru Cuvée des Alouettes 2006 – Prodotto fin dal 1876, proviene dalle vigne giovani del Clos de La Roche, che nel 2006 avevano 16 anni a seguito di reimpianto. Al naso è ben espresso, con note speziate, frutti neri, mineralità; attacco morbido e pervasivo, ha tanto tannino da affinare, bella densità, con sensazioni minerali affumicate nel finale, molto lungo, equilibrato.

Morey-Saint-Denis 1er Cru Clos Des Monts Luisants 2006 – Un vino molto particolare, essendo uno dei rari bianchi in Cote des Nuits. Le vigne risalgono allo zio del nonno di Laurent, che nel 1872 piantò ceppi di aligotè, ma fece anche tentativi con pinot blanc e, poi, chardonnay; peraltro, nel secolo scorso, l’INAO non consentiva la produzione del vino come A.O.C. da aligotè, poi, finalmente, di recente i Ponsot hanno avuto questa possibilità. L’età delle vigne in produzione nel 2006 era di 95 anni. Il vigneto è in forte pendenza, con rese molto basse.
Naso inizialmente su note ossidative, con mallo di noce in evidenza, leggera frutta secca; poi, progressivamente, emergono note saline e fiori gialli; in bocca colpisce per la grande struttura, leggero tannino, elevata salivazione, ma soprattutto molta sapidità; ritornano nel finale le note ossidative, è lunghissimo, dinamico e continuo.

Griotte-Chambertin Grand Cru 2006 – Vigneto ripiantato subito dopo l’annata in assaggio. La prima annata prodotta è il 1982; da 0,9 ha vengono circa 2000 bottiglie.  Il riferimento alla ciliegia, nel nome del cru, non deriva dal fatto che ci fossero dei ciliegi… bensì dai profumi dei vini che se ne ricavano. Al naso è un po’ chiuso, ma poi subito intrigante e progressivo, con tanta frutta rossa, spezie, leggero balsamico, note floreali, di grande distinzione e finezza. In bocca il tannino è elegante, leggermente rustico; il finale è ben contrastato, lungo e davvero molto succoso; la beva è agile e dà piena soddisfazione.

Chambertin Grand Cru 2006 – Di questo mitico Grand Cru nel 2006 sono state prodotte 408 bottiglie, da una porzione di vigneto di 0,2 ha; la prima produzione è del 1961; nel 2006 le vigne avevano 51 anni.
Il naso, inizialmente molto contratto, è umorale, con funghi secchi, sottobosco, terra umida, bellissima mineralità; progressivamente escono frutta rossa, radici e spezie. In bocca ha grande materia, è fresco e succosissimo, il tannino è tanto ma fine, pieno di energia e dinamismo; colpisce la progressione, in crescendo, del finale: non finisce mai, si allarga ed allunga continuamente, lasciando un ricordo indelebile.

Clos de La Roche Grand Cru Vieilles Vignes 2006 – Il “cuore” dell’azienda, dal punto di vista storico ma anche affettivo. Con vigne di 59 anni, dell’età di Laurent Ponsot, da 3,5 ha, posti nella parte centrale e migliore del Clos, si producono circa 10.000 bottiglie.
Al naso è elegantissimo, ha frutti rossi maturi, netti sentori minerali; è ancora contratto ma colpisce per finezza, con intriganti petali di rosa ed erbe aromatiche. In bocca ha notevole morbidezza, il tannino è ben presente e vellutato; è molto sapido, ha grande presa sul palato, tanta forza, molto minerale e floreale nel finale infinito.