giovedì 16 maggio 2013

RICHEBOURG 2005 DOMAINE LEROY




Leroy, Richebourg 2005: inaspettato, indimenticabile.

Capita che una cena tra amici con grandi vini, ma senza strafare, si trasformi in una serata da fissare come pietra miliare della storia personale di assaggiatore e appassionato di vino.

La causa è un evento drammatico per un conservatore di vini scrupoloso come l’amico Davide Cecio: si rompe il termostato della cantinetta ed alcune bottiglie ghiacciano, cacciando fuori il tappo di sughero; ormai la potenzialità d’evoluzione è pregiudicata, e non resta che berle. Ne è derivato un assaggio che ha cambiato i punti di riferimento, che ha sconvolto i criteri che un appassionato di vino e di Borgogna aveva prima di esso: il Richebourg 2005 del Domaine Leroy.

E’ stato il primo vero incontro con un vino di Madame Lalou Bize-Leroy, dopo aver letto tante cose, essere stati in venerazione al cancello del Domaine a Vosne-Romanée, aver visto in enoteche o in rete etichette inarrivabili. E che vino! Uno dei gioielli del Domaine, in un millesimo tra i più grandi di sempre.

L’annata è la 2005, celebratissima per i rossi della Côte de Nuits, con potenziale evolutivo senza pari; il vino viene dal mitico Grand Cru Richebourg, nel Comune di Vosne-Romanée, posto tra Romanée-Conti a Sud, Romanée-Saint-Vivant a Est, Echezeaux ad Est e a Nord.

Nel bicchiere, la veste è di un rosso rubino piuttosto concentrato e brillante. Il naso è sontuoso, pieno ed ampio, con grafite, cenni di incenso, terra, cassis, sottobosco, fresco e goloso, note anche balsamiche e di menta fresca; poi escono radici aromatiche, sandalo, ma anche frutto rosso; evolve continuamente, verso sentori anche floreali (rosa, viola). In bocca è eclatante, la struttura è immensa, potente, ha tutte le componenti, integrate, all’ennesima potenza: il tannino, molto giovane, è pura seta, il gusto è quasi salato, è freschissimo e soprattutto ha una profondità trascinante; il finale pare non cedere mai, su ritorni continui di spezie, grafite, frutti di bosco, terra.

Non aveva i “due secoli di affinamento” che Fabio Rizzari, nel libro “Vini e terre di Borgogna” (di Camillo Favaro e Giampaolo Gravina), ritiene necessari per questo “mostro”, ma certamente ha suscitato un’indescrivibile emozione, ed il ricordo rimarrà a lungo, indelebile, nella memoria e nei sensi di chi ha avuto la fortuna di quest’assaggio.

Poco prima, per lo stesso motivo, è “toccato” bere un altro grandissimo vino: Chateau Cheval Blanc 1985.

Un vino aristocratico, elegantissimo: colore granato ma vivissimo, limpido, al naso inizialmente prevalgono note di cenere, molto nette ed intriganti, poi escono incenso, tè, sentori fruttati ancora presenti, di grande eleganza; successivamente sentori agrumati, bergamotto, tabacco dolce; la bocca è ficcante, molto sapida, quasi marina, il tannino è finissimo e presente anche se sfumato; il finale è elegante, pulito e molto lungo, su sensazioni minerali e cineree.

(2 marzo 2013 a Casa Amadei)


venerdì 11 gennaio 2013

DOMAINE PONSOT: SULLA VETTA DELL'ELEGANZA




DOMAINE PONSOT: SULLA VETTA DELL’ELEGANZA
Laboratorio al Salone del Gusto Domenica 28 ottobre 2012 ore 12

A volte capita. Il laboratorio registrava il “tutto-esaurito” da tempo, ma ho provato a presentarmi, aspettando qualche minuto fuori dalla porta, ed è andata bene: un paio di posti sono rimasti vuoti e mi hanno inserito.
Era un evento sui rari vini del Domaine Ponsot di Borgogna, con la sig.ra Rose-Marie Ponsot ed il marito a spiegare l’azienda ed introdurre la degustazione dei singoli vini.
Il Domaine Ponsot fu fondato nel 1872 da William Ponsot, zio di Hyppolite, nonno degli attuali gerenti; quest’ultimo era un giurista che, dopo aver girato il mondo come diplomatico, decise di dedicarsi interamente al vino. La sua competenza giuridica fu importante per consentirgli di promuovere la classificazione dell’Appellation Controlée in Borgogna; inoltre, l’esperienza internazionale diplomatica gli aveva creato la consapevolezza dell’importanza dell’esportazione dei vini all’estero, che intraprese come precursore fin dal 1936.
Poi, suo figlio Jean-Marie, riprendendo l’attività, negli anni Sessanta del Secolo scorso, compì approfonditi studi sulle piante di pinot noir per utilizzare sempre le migliori viti: fu un vero pioniere della selezione clonale in Borgogna ed ancora oggi i produttori piantano i cloni individuati da Ponsot per la migliore qualità delle uve.
Attualmente, dal 1997, il Domaine è gestito da Laurent, che ha assistito il padre fin dall’inizio degli anni ’80, con le sorelle Rose-Marie, Catherine e Stephanie.
La sig.ra Rose-Marie Ponsot ha spiegato la filosofia dell’azienda. Quando si parla di metodi di coltivazione, afferma che non hanno bisogno di certificazione, perché da sempre hanno il massimo rispetto per il terreno e la natura: la scelta è quella di fare il vino in modo genuino con l’uva che è donata dalla terra e dalla singola annata.
Una particolarità è l’uso di legno non nuovo, di 5 anni o anche qualche decennio, per evitare che la botte ceda sentori al vino limitando o prevaricando l’espressione del territorio. Una scelta nel senso dell’eleganza e del rispetto della natura che dai singoli climats genera differenze di profumi, strutture ed emozioni.

In degustazione sono stati proposti sei vini dell’annata 2006.

Chambolle-Musigny Cuvée des Cigalles 2006 – Molto floreale al naso, leggere note balsamiche e sensazioni fumé, fresco e fruttato con fragola e lampone; bocca di grande eleganza, tannino presente e freschezza acida; non lungo, ma pulitissimo, di irresistibile equilibrio, con ritorni di piccoli frutti di bosco freschi. Dopo quasi un’ora nel bicchiere il naso resta elegantissimo. Un village come se ne trovano pochi.

Morey-Saint-Denis 1er Cru Cuvée des Alouettes 2006 – Prodotto fin dal 1876, proviene dalle vigne giovani del Clos de La Roche, che nel 2006 avevano 16 anni a seguito di reimpianto. Al naso è ben espresso, con note speziate, frutti neri, mineralità; attacco morbido e pervasivo, ha tanto tannino da affinare, bella densità, con sensazioni minerali affumicate nel finale, molto lungo, equilibrato.

Morey-Saint-Denis 1er Cru Clos Des Monts Luisants 2006 – Un vino molto particolare, essendo uno dei rari bianchi in Cote des Nuits. Le vigne risalgono allo zio del nonno di Laurent, che nel 1872 piantò ceppi di aligotè, ma fece anche tentativi con pinot blanc e, poi, chardonnay; peraltro, nel secolo scorso, l’INAO non consentiva la produzione del vino come A.O.C. da aligotè, poi, finalmente, di recente i Ponsot hanno avuto questa possibilità. L’età delle vigne in produzione nel 2006 era di 95 anni. Il vigneto è in forte pendenza, con rese molto basse.
Naso inizialmente su note ossidative, con mallo di noce in evidenza, leggera frutta secca; poi, progressivamente, emergono note saline e fiori gialli; in bocca colpisce per la grande struttura, leggero tannino, elevata salivazione, ma soprattutto molta sapidità; ritornano nel finale le note ossidative, è lunghissimo, dinamico e continuo.

Griotte-Chambertin Grand Cru 2006 – Vigneto ripiantato subito dopo l’annata in assaggio. La prima annata prodotta è il 1982; da 0,9 ha vengono circa 2000 bottiglie.  Il riferimento alla ciliegia, nel nome del cru, non deriva dal fatto che ci fossero dei ciliegi… bensì dai profumi dei vini che se ne ricavano. Al naso è un po’ chiuso, ma poi subito intrigante e progressivo, con tanta frutta rossa, spezie, leggero balsamico, note floreali, di grande distinzione e finezza. In bocca il tannino è elegante, leggermente rustico; il finale è ben contrastato, lungo e davvero molto succoso; la beva è agile e dà piena soddisfazione.

Chambertin Grand Cru 2006 – Di questo mitico Grand Cru nel 2006 sono state prodotte 408 bottiglie, da una porzione di vigneto di 0,2 ha; la prima produzione è del 1961; nel 2006 le vigne avevano 51 anni.
Il naso, inizialmente molto contratto, è umorale, con funghi secchi, sottobosco, terra umida, bellissima mineralità; progressivamente escono frutta rossa, radici e spezie. In bocca ha grande materia, è fresco e succosissimo, il tannino è tanto ma fine, pieno di energia e dinamismo; colpisce la progressione, in crescendo, del finale: non finisce mai, si allarga ed allunga continuamente, lasciando un ricordo indelebile.

Clos de La Roche Grand Cru Vieilles Vignes 2006 – Il “cuore” dell’azienda, dal punto di vista storico ma anche affettivo. Con vigne di 59 anni, dell’età di Laurent Ponsot, da 3,5 ha, posti nella parte centrale e migliore del Clos, si producono circa 10.000 bottiglie.
Al naso è elegantissimo, ha frutti rossi maturi, netti sentori minerali; è ancora contratto ma colpisce per finezza, con intriganti petali di rosa ed erbe aromatiche. In bocca ha notevole morbidezza, il tannino è ben presente e vellutato; è molto sapido, ha grande presa sul palato, tanta forza, molto minerale e floreale nel finale infinito.
 

mercoledì 1 giugno 2011

Anteprima Bolgheri 28 maggio 2011


























ANTEPRIMA VINI DI BOLGHERI SABATO 28 MAGGIO 2011
di Davide Cecio e Davide Amadei

1. Davide Cecio

Ho amato molte cose nella mia vita, la curiosità mi ha spinto a cercare sempre senza mai fermarmi, devo dire però che il mondo del Vino mi affascina. C'è il rispetto del territorio, l'evocazione del gusto e del piacere, c'è un mondo ogni anno mai uguale e sempre pieno di sorprese. Mi sono avvicinato con grande umiltà all'ennesima esperienza degustativa col solito approccio "sentimentale" di chi si ritaglia del tempo per una coccola semplice e anonima, di quelle che solo la natura sa regalarti se ti predisponi in armonia con quanto questa sa offrirti. La compagnia è quella di Davide Amadei avvocato e docente per necessità ma che nel mondo del vino si esprime con quella libertà propria dei bambini, senza mancare di sogni ma con un approccio sempre rigoroso di chi ferma le proprie emozioni su un taccuino per poi sublimare i suoi assaggi come si fa per un'esperienza amorosa, da archiviare si ma per trasmetterla ai suoi allievi (Davide è anche Direttore di corso e Anima della Fisar di Livorno), così che la cultura del vino spinga tutti ad una ricerca del meglio e del buono. L’ospitalità, impeccabile, è quella di Paolo Valdastri, Direttore del Consorzio dei vini di Bolgheri, dall’eleganza innata e un sorriso che conforta, che ci riceve nel Teatrino di San Guido, insomma a casa del Marchese Incisa, roba da far tremare i polsi ad ogni appassionato. Decidiamo per l’assaggio dei Bolgheri Superiore 2008 rigorosamente alla Cieca così da non farsi condizionare dai blasonati nomi che sappiamo esserci. Avviniamo i bicchieri sotto gli occhi dei bravi sommelier Fisar, oggi a lavoro ma in altre circostanze amici e compagni di scorribande e… via. L’emozione che mi dà girare il vino nei bicchieri così da dargli respiro come se si accendessero al mio richiamo quelle “lacrime” che scendono mai amare di chi è li per regalarti emozioni non dispiaceri.
28 assaggi l’uno in fila all’altro in batterie da 6, un primo sorso rigorosamente “sputato”, giusto per abbandonarsi un attimo ad un assaggio d’insieme per poi ritornarvi in un’analisi più professionale e pragmatica come merita un’occasione come questa. I vini di Bolgheri, quasi tutti di taglio Bordolese, mi appaiono simili ma mai uguali, lontani dagli stereotipi di vini poco territoriali. In primo luogo ad esempio è il sole, spesso presente, che costringe ad una lotta con la componente alcolica del vino ma che insieme al terroir e alla geologia dei terreni regala vini di grande concentrazione ma anche di giusta acidità, che ti permettono per lo più di bere questi vini senza stancarti. Meglio, quasi sempre, se li immagini accompagnati ad una portata di buona carne, l’accostamento al Cinghiale è il più comune tra i luoghi comuni, ma anche in “astratto” questi vini mi appaiono godibili. Il sentore di macchia mediterranea,e una certa sapidità sempre presente mi riporta al vicino mare, come nel Campo al Fico dell’Azienda I Luoghi (Cabernet Sauvignon 80% Cabernet Franc 20%), un vino splendido e mai banale che consiglio a chi da questa annata cerca originalità ed eleganza dal finale lungo e “succoso”; o nella riuscita versione dell’Ornellaia 2008 (Cabernet Sauvignon 54%, Merlot 27%, Cabernet Franc 16% e Petit Verdot 3%) “Best Wine” per me con i suoi 95 punti su 100, con quei sentori al naso quasi iodati e una complessità in continuo divenire con note di frutti rossi, i più vari, cannella e fiori di garofano , con un tannino importante bilanciato da un acidità che allenta la potenza davvero importante di questo vino, penalizzato solo da un alcolica sul finale forse da stemperare. Mediamente i vini di Bolgheri vanno verso una presenza di legni più oculata, vini di grande materia come questi necessitano di affinamenti più o meno lunghi ma mai di abusi che in passato hanno cavalcato una tendenza di mercato a discapito di eleganza e personalità. Rimango colpito dalla “bocca” del Sor Ugo di Aia Vecchia (Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Cabernet Franc) di grande eleganza e materia, lunghissimo e suadente in una sintesi impietosa 93/100 e secondo in una mia ideale classifica. Bellissima prova dell’Azienda Grattamacco che mi rapisce con il suo Alberello di taglio Bordolese più tradizionale (Cabernet Sauvignon 70%, Cabernet Franc 25% e Petit Verdot 5%) e il Grattamacco (Cabernet Sauvignon 65%, Merlot 20% e Sangiovese 15%). dai sentori al naso complessi , dalla bella freschezza ed un equilibrio da manuale terzo e quarto per me con 90/100 e 89/100.
Subito ai piedi del podio per me l’altro bel prodotto dell’azienda I Luoghi Podere Ritorti (Cabernet Sauvignon 80%, Cabernet Franc, Merlot e Syrah 20%) anch’esso complesso con note speziate e minerali intrigante e di grande equilibrio sostanziale 88/100. Sassicaia (Cabernet Sauvignon 80%, Cabernet Franc, Merlot e Syrah 20%), lo dico me ne vergogno un po’, ha disatteso le mie aspettative. Vengo consolato da molti che anzi apprezzano il mio coraggio e suggeriscono una chiave interpretativa da molti condivisa e cioè che il Sassicaia abbisogni di più tempo per esprimersi compiutamente e che in questa fase spesso è contratto e nascosto. Si badi ha un tannino fine e dolce, elegante con belle note balsamiche di menta ma anche anice e un retrogusto di ciliegia. Ma tutto corto quasi in scala rispetto alle enormi potenzialità che può esprimere e che mi hanno visto entusiasta in più occasioni, 87/100 il mio giudizio. Poco sotto Arnione di Campo alla Sughera (Cabernet Sauvugnon 40%,Cabernet Franc 20%, Merlot 20% e Petit Verdot 20%) anch’esso contratto e mai pienamente espresso. Si avverte un potenziale enorme, il vino è ricco di materia ma al momento più largo che lungo. Frutti più neri che rossi, mora su tutti, con tabacco e spezie (un bel pepe) ancora però non pienamente armonizzati e con un alcol finale leggermente asciugante 86/100 (una piccola ma convinta nota sul Cru dell’Azienda il Campo alla Sughera IGT appunto con Petit Verdot 70% e Merlot 30%, meno elegante dell’annata che al debutto ha pienamente meritato l’eccellenza della Guida dell’Espresso, ma di grandissima materia ed equilibrio 90/100). Pari giudizio per Guado al Tasso il cui legno però a mio giudizio deve ancora integrarsi, grande varietà olfattiva ma quelle note tostate e quel finale leggermente amarognolo non mi hanno entusiasmato 86 -/100, e Guado de’ Gemoli 2008 – Chiappini (Cabernet Sauvignon 80% e Merlot 20%) meno equilibrato di altri e forse un tantino “pesante”, ma qui la materia è grande, un bel naso di prugna e liquirizia e un peperone che non disturba e che non sempre è penalizzante.
Degni di menzione Donna Olimpia con il suo Millepassi… in continua progressione, e Argentiera forse a gusto mio un po’ piacione con tutti i difetti di un’importante presenza di legni che rimandano l’assaggio…tra qualche anno. Se vi fosse corrispondenza tra il naso intrigante e una bocca deludente di Impronte ne berrei “a secchiate”.
Deludenti invece, e qui devo spenderci necessariamente due parole, a mio giudizio Podere Sapaio e Castello di Bolgheri. Sapaio (Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 20%, Petit Verdot 20% e Cabernet Franc 10%) a me è sembrato un po’ banale con note di vaniglia e caffè che denotano una presenza eccessiva di legno confermato da un tannino fitto ma amaro e asciugante, a ciò si aggiunge un’alcolica importante… non so ma sono contento di averlo assaggiato alla cieca perché forse mi sarei peritato visto le straordinarie professionalità che ci sono dietro. Castello di Bolgheri (Cabernet Sauvignon 70%, Cabernet Franc 15% e Merlot 15%) invece era un vino che mi aveva impressionato e non poco nella versione 2007, ne ho ricordi straordinari e una cantina ben fornita. In questa versione mi è apparso assai meno complesso al naso e tutto corto come la coperta di Linus di cui conserva il calore e l’alcol finale… urge un riassaggio.
La mia giornata finisce coll’immancabile sigaro e in quel di Rosignano sulla terrazza del Ristorante Lo Scoglietto fronte mare e i Morcheeba con The Sea nella testa…”worries vanish within my dreams”. Alla prossima.

2. Davide Amadei

Di seguito ecco l’elenco dei Bolgheri Superiore assaggiati all’Anteprima dei Vini di Bolgheri al Teatrino di San guido il 28 maggio 2011, raggruppati in quattro categorie (eccellenti, ottimi, buoni, non convincenti); la categoria degli eccellenti presenta i vini in ordine di preferenza; nelle altre tre categorie l’ordine è quello cronologico di degustazione.
Si tratta della rigorosa trascrizione delle note di degustazione, effettuata alla cieca (note solo l’annata e la denominazione) dalle 10.00 alle 12.00.
Segnalo le conferme: come al solito, i vini di Bolgheri che a me personalmente più colpiscono sono quelli di Grattamacco, non solo il “tradizionale” Grattamacco Rosso ma anche il “nuovo” e più internazionale L’Alberello; non delude Ornellaia, uscito meglio rispetto all’assaggio alla cieca a MareDiVino il 15 maggio 2011; nei miei assaggi risulta sempre “premiato” il San Martino de La Cipriana; grandi vini i due de I Luoghi, originali, piacevoli ed equilibrati.
E le sorprese: senz’altro il Sorugo di Aiavecchia, davvero una bella riuscita; il Bolgherese di Di Vaira, migliore rispetto ad un precedente assaggio, sempre alla cieca, del 2007; il Guado de’ Gemoli di Chiappini, che rispetto al 2007 pare aver registrato l’uso del legno, più misurato e discreto.
E’ interessante notare che i primi quattro vini sono stati quelli che, sia pure in ordine diverso, sono più piaciuti anche all’amico e “compagno di banco” Davide Cecio: su 28 vini, aver premiato gli stessi quattro vini desta soddisfazione per la coerenza e la uniformità dei criteri di valutazione. Tra i vini assaggiati possono delinearsi alcuni elementi comuni: si sente sempre il calore ed il sole del territorio di Bolgheri, con vini sempre ricchi di alcol e concentrazione; nella grande maggioranza dei vini si registra un notevole equilibrio gustativo, in passato un po’ più raro a Bolgheri (cioè: non si cerca più solo morbidezza, frutto e concentrazione); c’è coerenza nei profili aromatici, con le note balsamiche e di frutta nera matura sempre ben presenti; l’uso del legno è raramente prevaricante, sia pure sempre percepibile con note di caffè, tostatura e balsamicità; rari sono anche i sentori vegetali, segno, forse, che le vigne cominciano a raggiungere l’adolescenza, se non la maturità.
Dagli assaggi, poi, è emersa confermata la natura dell’annata 2008: alcol, calore e concentrazione in abbondanza, tannino in molti casi forse un po’ ruvido e amaro, non perfettamente maturo, ma elevate acidità a creare equilibrio e bevibilità.

GLI ECCELLENTI
( 86, 93, 91 83, 77)

Grattamacco Rosso 2008 – Grattamacco Collemassari
Alla vista si presenta con un bel rosso rubino, non concentratissimo ma vivo ed intenso. L’olfatto è intenso, sfaccettato e preciso: inizialmente prevalgono note tostate, con evidente caffè, ma poi escono eleganti sentori di piccoli frutti rossi maturi, con un nettissimo piacevole anice. In bocca è molto elegante, con un’ottima sapidità ed un finale pulito e ben contrastato, piacevolissimo e quasi rinfrescante, sia pur non lunghissimo (Cabernet Sauvignon 65%, Merlot 20% e Sangiovese 15%).

Sorugo 2008 – Aiavecchia
Naso decisamente complesso che all’inizio ha frutta molto matura, poi si apre su note fresche e floreali, spezie, leggero sentore vegetale elegante, cacao. La bocca è molto ricca, il tannino è tanto e fine, per niente amaro, ha bellissima freschezza in un contesto di piacevole morbidezza e persistenza (Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Cabernet Franc).

L’Alberello 2008 – Grattamacco Collemassari
Molto elegante all’olfatto, con fiori, frutti rossi, note balsamiche fresche; in bocca l’ingresso è rotondo, ha grande equilibrio, il finale è lungo e piacevole, sapido ed invitante (Cabernet Sauvignon 70%, Cabernet Franc 25% e Petit Verdot 5%).

Ornellaia 2008 – Tenuta dell’Ornellaia
Gran bel naso, molto intenso, nettamente speziato e balsamico, ma anche salmastro, iodato. Al gusto ha tannino di elevata finezza, grande struttura e calore, notevole sapidità, finale lungo e contrastato (Cabernet Sauvignon 54%, Merlot 27%, Cabernet Franc 16% e Petit Verdot 3%).

San Martino 2008 – La Cipriana
Naso intenso ed elegante, originale, con erbe aromatiche mediterranee, eucalipto, successivamente frutta nera matura; in bocca ha attacco morbido, tannino fine, bel contrasto acido e sapido, notevole materia e persistenza (Cabernet Sauvignon, Petit Verdot ed altri).

GLI OTTIMI
(74, 78, 79, 81, 87, 96)

Millepassi 2008 – Donna Olimpia 1898
All’olfatto ha distinti aromi di ciliegia, marasca, leggera vaniglia, non complesso ma piacevole; successivamente esce un’interessante resina di pino. In bocca è piuttosto elegante, ha buona sapidità e freschezza, emergono leggeri sentori vegetali e, nel lungo e pulito finale, note tostate (Cabernet Sauvignon, Petit Verdot e Merlot).

Podere Ritorti 2008 – I Luoghi
Bel naso, con note minerali, talco, intriganti sentori di macchia mediterranea (mirto), oliva nera. Rimarchevole l’equilibrio gustativo, con tannino non tanto ma preciso e fine, finale pulitissimo (Cabernet Sauvignon 80%, Cabernet Franc, Merlot e Syrah 20%).

Bolgherese 2008 – Vincenzo Di Vaira
Colore concentrato, naso intenso su note di legno (spezie dolci, caffè) e balsamiche (mentolato), poi mora e ciliegia nera mature, quasi in confettura; bocca di bell’equilibrio tannini piuttosto fini, senza sensazioni amare, finale fresco nettamente fruttato, solo leggermente poco persistente (Cabenet Sauvignon 50% e Merlot 50%).

Campo al Fico 2008 – I Luoghi
Chiuso all’inizio, si apre con sentori balsamici e piacevole frutta rossa matura. In bocca colpisce per rotondità e freschezza, è ben aperto e complesso, con finale molto lungo fruttato e succoso (Cabernet Sauvignon 80% e Cabernet Franc 20%).

Guado de’ Gemoli 2008 – Chiappini
Note di bastoncino di liquirizia, frutti neri maturi, sentori terrosi e vegetali (peperone verde, leggero). Al gusto entra morbido, non cede per tutto l’assaggio, ha bella sapidità, forse manca un po’ di freschezza, nel finale ha alcol e calore, ma c’è grande materia (Cabernet Sauvignon 80% e Merlot 20%).

Tâm 2007 – Batzella
Naso elegante, sia pure non complesso, con piacevoli note di china e tamarindo. In bocca è rotondo e piuttosto ricco, ha bella sapidità, ottimo equilibrio, il finale è persistente e pulito (Cabernet Sauvignon 65% e Cabernet Franc 35%).

I BUONI
(82, 84, 88, 89, 90, 92, 94, 95, 98, 99, 100)

Rubino dei Greppi 2008 – Greppi Cupi Rosa Gasser
Colore impenetrabile, bel naso, intenso e complesso, elegante, con note balsamiche fresche, sentori minerali e marini; ricco in bocca, c’è materia, sapidità e tanto tannino, quest’ultimo leggermente ruvido con finale un po’ asciugante (Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese).

Argentiera 2008 – Tenuta Argentiera
Naso intenso, decisamente balsamico (da legno), sentori minerali; in bocca ha attacco rotondo, buon equilibrio e tannino di buona grana; il finale, lungo e abbastanza sapido, ha alcol da integrare e leggero amaro (Cabernet Sauvignon 55%, Merlot 40% e Cabernet Franc 5%).

Arnione 2008 – Campo alla Sughera
Naso con netto pepe e frutti rossi piacevoli, un po’ contratto, non complesso. Migliore in bocca, ma più largo che lungo, con alcol finale leggermente asciugante (Cabernet Sauvugnon 40%,Cabernet Franc 20%, Merlot 20% e Petit Verdot 20%).

Sassicaia 2008 – Tenuta San Guido
Olfatto un po’ semplice, molto contratto, con sentori terrosi e vegetali. Al gusto è decisamente migliore, ha finale con buon contrasto e tanto tannino piuttosto fine, ma pare corto (Cabernet Sauvignon 85% e Cabernet Franc 15%). N.B.: il Sassicaia conferma che, come lo scorso anno per il 2007, in questo periodo è decisamente contratto e chiuso; occorre attenderlo perché esprima le sue note e constati qualità.

Guado al Tasso 2008 – Tenuta Guado al Tasso Antinori
Naso “caldo”, con spezie dolci e prugna matura, tostato (caffè, leggera nocciola tostata). In bocca ha tannino giovanissimo, un po’ amaro ed astringente, buona freschezza, sapidità presente e notevole struttura (Cabernet Sauvignon 57%, Merlot 30%, Cabernet Franc 16% e Petit Verdot 3%).

Castello di Bolgheri 2008 – Castello di Bolgheri
Naso non complesso, balsamico e peposo. Bocca abbastanza semplice, c’è morbidezza e materia, ma il finale, non lunghissimo, è leggermente amaro e un po’ caldo (Cabernet Sauvignon 70%, Cabernet Franc 15% e Merlot 15%).

Sapaio 2008 – Podere Sapaio
Colore concentratissimo, al naso ha nette note di caffè e leggera vaniglia. In bocca il tannino, in gran quantità, è un po’ ruvido e asciugante, c’è tanta materia, ma manca contrasto ed il finale è caldo (Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 20%, Petit Verdot 20% e Cabernet Franc 10%).

Riverbero 2007 – Campo al Noce
Naso intenso su spezie e sentori balsamici, note agrumate; bella bocca, buon equilibrio, tannini abbastanza fini, il finale, non lunghissimo, è fresco; lascia solo un po’ perplessi una leggerissima “puzzetta”, un sentore animale non piacevole (Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc).

Levia Gravia 2007 – Caccia al Piano 1868
All’olfatto ha note di frutta molto matura, spezie; bocca abbastanza piacevole, c’è bella freschezza ma l’alcol, da integrare, asciuga il finale un po’ amaro (Cabernet Sauvignon 65%, Merlot 25% e Syrah 10%).

Renzo 2006 – Tringali Casanuova
Note surmature, caramello e frutta rossa al naso. Bocca morbida con equilibrio e pulizia, non lungo né complesso, ma piacevole (Cabernet Sauvignon 80% e Merlot 20%).

Vignaré 2006 – Tenute Guicciardini Strozzi
Piacevoli frutti rossi in confettura al naso; al gusto è morbido all’attacco, ha buona freschezza ma tannini un po’ amari (Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot in parti uguali).

NON CONVINCENTI
(73, 75, 76, 80, 84, 97)

Impronte 2008 – Giorgio Meletti Cavallari
Colore rubino non particolarmente concentrato. Naso piacevole, abbastanza complesso, non originale, ma con belle note balsamiche, cacao, frutta nera. In bocca è semplice, ha buon contrasto ma poca corrispondenza gusto-olfattiva, manca di struttura e morbidezza, il finale non è lungo e rimane un po’ d’alcol (Cabernet Sauvignon 70% e Cabernet Franc 30%)

Alfeo 2008 – Ceralti
All’inizio è chiuso, poi escono note balsamiche ed alcol, prugna matura. In bocca è migliore che al naso, ma è poco complesso, semplice, con sufficiente equilibrio gustativo ma chiusura leggermente amara (Merlot 50%, Cabernet Sauvignon 40% e Cabernet Franc 10%).

Bolgheri Superiore 2008 - Ferrari Iris e Figli
All’inizio è chiuso, poi ha sentori di caffè, note minerali, canfora; ma il naso resta leggermente non integro, con una nota animale che ritorna anche in bocca. Al gusto è sufficientemente equilibrato, c’è freschezza e persistenza, con alcol finale da integrare.

Greppicaia 2008 – I Greppi
Decisamente condizionato dal legno nuovo, ha naso con netta vaniglia e bocca morbida, tannino di buona grana, ma legno da assorbire che sul finale genera sensazioni amare; certamente non manca struttura (Merlot 90%, Cabernet Franc 5% e Petit Vedot 5%).

Baia al Vento 2008 – Campo al Mare
Naso non fine, con netti sentori di oliva nera in salamoia, sentori animali, frutta cotta. Morbido in bocca, largo, leggero amaro nel finale, con alcol e tannini ruvidi (Merlot 90%,Cabernet Franc 5% e Petit Verdot 5%).

I Castagni 2007 – Michele Satta
Frutta molto matura al naso, leggera riduzione, sensazione di pasticceria, di panna-e-fragola. In bocca ha materia, ma tannino un po’ ruvido che segna il finale amaro (Cabernet Sauvignon 70%, Syrah 20% e Teroldego 10%).

lunedì 17 gennaio 2011

Champagne BOLLINGER: la finezza














Ad Aÿ ha sede una delle più importanti maisons di champagne, che ha sempre fatto dell’elevata qualità il proprio criterio produttivo e commerciale: si tratta di Bollinger, con uffici e accoglienza in una bellissima dimora storica ai margini della cittadina, proprio dove iniziano le vigne della grande collina, esposta quasi interamente a Sud, del Comune Grand Cru di Aÿ.
La visita è condotta da Monsieur Christian Dennis, da molti anni responsabile delle visite dell’azienda e, soprattutto, espertissimo conoscitore dell’economia e del mercato della Champagne e dello Champagne.
Egli subito tiene a precisare e sottolineare le peculiarità di Bollinger.
Innanzitutto è una delle pochissime maisons rimaste indipendenti, non acquistate da grandi gruppi economico-finanziari o inglobate in altre più grandi: insieme a Taittinger (6 milioni di bottiglie), Roederer (3 milioni) e Pol Roger (subito sotto a Bollinger per numero di bottiglie), resta un’azienda relativamente piccola nel panorama dei negociants champenois.
In secondo luogo, pur trattandosi appunto di una maison, almeno il 60% delle uve proviene da vigneti di proprietà, che assommano a 163 ettari, per cui solo una minoranza di uve è acquistata da vignerons. Dei 163 ettari di proprietà, l’85% sono situati in aree Grand Cru o Premier Cru (di cui l’80% Grand Cru).
In terzo luogo, Bollinger è proprietaria di tre piccole vigne qualificabili come clos, nel senso borgognone, in quanto circondate da un muro perimetrale, dove si coltivano viti non innestate su portainnesto americano ma a “piede franco”, non distrutte dalle fillossera. Una di queste vigne si trova a Bouzy ma recentemente ha cessato di produrre per cause naturali (è arrivata la fillossera). Le altre due sono “giardini” presso la sede dell’azienda: una si trova subito dietro il fabbricato storico degli uffici e dell’accoglienza; l’altra appena sotto, verso il centro del paese, ma a soli 50 metri dal cancello dell’edificio principale. Un’apposita equipe si occupa esclusivamente della cura di questi due clos.
Da queste due vigne, che insieme non arrivano a 0,70 ettari, si ricavano le uve per la produzione del vino più raro (introvabile) della maison: il Blanc de Noirs Vieilles Vignes Françaises, prodotto in 3000 bottiglie soltanto nelle annate che lo meritano.
Si tratta di vigne esclusivamente coltivate a pinot nero: «qui a Bollinger siamo maniaci del pinot noir», dice Dennis. Ed infatti tutte le cuvée hanno almento il 60% di pinot noir.
La particolarità di queste vigne è la coltivazione con metodo provinage , equivalente in vigna del sistema di “filiazione” delle piante detto, in Francia, marcottage (è quello che ben si vede nei famosi faggi di Verzy, sul versante Nord della Montagne de Reims): si tratta di un allevamento della pianta ad alberello, con la caratteristica di creare altre piante vicine per propagazione, senza necessità di innesto; qualcosa di molto simile si ritrova in Italia per le viti di Nerello Mascalese sull’Etna (non a caso anch’esse spesso a piede franco e “prefillosseriche”).
Questo sistema consente la protezione contro la fillossera, non essendo necessario, appunto, l’innesto su piede americano; ma il famigerato afide è anche tenuto lontano dall’isolamento delle due vigne che, circondate da un muro, sono anche piuttosto distanti da tutti gli altri vigneti, con strade e case a fare da ulteriore “intercapedine”.
Soprattutto, il metodo di coltivazione, ad alberello e per propagazione, consente alla pianta di produrre uve estremamente ricche e concentrate; la quantità di uva per ettaro è di 600 kg, rispetto ad una media, in Champagne, di 1000 kg.
Colpisce il fatto che punto di partenza della visita siano proprio queste vigne, vetta massima e punto di riferimento della qualità che l’azienda intende perseguire. Anche se poi il vino che ne deriva, purtroppo, non è proposto in degustazione, la cura per questi due piccoli clos costituisce la realizzazione estrema dei criteri produttivi di Bollinger, cui rapportarsi anche per gli altri champagne.
Ulteriori elementi che differenziano Bollinger dalle altre maisons emergono nel corso della visita.
Prima si passa attraverso gli ampi locali, al piano terreno delle cantine storiche, dove al momento della visita (il 23 agosto 2010) stava svolgendosi con grande fermento il roulage des tonneaux, il lavaggio delle botti.
La maison è, infatti, una delle tre sole (con Krug a Reims e, in parte, Alfred Gratien ad Epernay) ad utilizzare botti di legno per l’affinamento del vino prima del tirage per la seconda fermentazione: la scelta aziendale si basa sulla considerazione del legno come sviluppatore di profumi e sentori, senza che ceda o fornisca suoi aromi. Ecco che per lo più si ha la sosta per 6 mesi in barriques, fornite da Chanson Pére & Fils usate di 4 anni, dove questo importante negociant di Beaune ha elevato lo chardonnay di Borgogna; Bollinger poi utilizza le botti per molti anni, fino a 40. Peraltro, il miglior pinot noir affina in botti più grandi, da 500 litri. Ogni singola botte è dotata di un codice a barre che registra la “storia” ed il percorso del contenitore, per rendere tracciabile e controllabile la qualità del vino. L’ambiente ha umidità artificiale e costante al 77% per evitare ogni rischio di evaporazione del vino dai recipienti.
Poi si va sottoterra, dove avvengono il lento affinamento degli champagne e le operazioni di remuage e degorgement. Bollinger ha 5 km di gallerie sotterranee ad Aÿ, con temperatura ed umidità perfette per la conservazione e produzione dei suoi vini.
E nelle gallerie si scoprono altre peculiarità, che qualificano e differenziano Bollinger.
Subito si cammina in mezzo a 300 metri di cataste di magnum in posizione orizzontale. E’ una parte dei “vini di riserva”, utilizzati per la Special Cuvée, che vengono conservati, fino a 12 anni, in magnum suddivisi per annata, vitigno, e singolo village di provenienza delle uve, con aggiunta di 6 gr /litro di zucchero (rispetto ai 24 che si usano per il tirage) da cui deriva una leggera presa di spuma.
E’ una unicità di Bollinger: tutti gli altri produttori conservano i vini di riserva in contenitori d’acciaio o in botti di legno. La magnum, spiega Dennis, consente di utilizzare vini affinati perfettamente nell’”ambiente” del vetro della bottiglia, ma soprattutto, poiché ogni magnum contiene vino (100% chardonnay o pinot noir) proveniente da uno specifico cru e da un preciso millesimo, si può valutare e studiare l’evoluzione di ciascun vino e valorizzarne al massimo le caratteristiche individuali in funzione degli assemblaggi: la conservazione in magnum infatti garantisce una più precisa emersione delle caratteristiche del singolo appezzamento, del terroir e dell’annata.
Decisamente originale è anche l’uso del tappo di sughero per la presa di spuma e l’affinamento dei millesimati e per le magnum dei vini di riserva, mentre il tradizionale tappo a corona, con la bidule per la raccolta dei lieviti morti, è riservato ai non millesimati.
Comune ad altre maisons è invece l’effettuazione del tradizionale remuage a mano per tutti i millesimati, destinando i non millesimati a sistemi automatici quali le gyropalet.
Tutti questi criteri di qualità seguiti dalla Maison Bollinger sono consacrati in un decalogo, chiamato “Carta Etica e di Qualità”, che enuncia un vero e proprio manifesto per perseguire l’eccellenza dei vini prodotti.
Ne derivano champagne che colpiscono per l’estrema finezza delle bollicine, sia alla vista sia soprattutto in bocca, dove creano sensazioni di rara piacevolezza.
Non si può non concludere, allora, con la citazione di una famosissima affermazione, spesso ricordata quando si parla di champagne, di Madame Bollinger, detta Tante Lily, del 1961 al London Daily Mail: «Bevo il mio champagne quando sono felice e quando sono triste. A volte lo bevo quando sono sola. Quando sono in compagnia lo considero obbligatorio. Giocherello con lui se non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco mai, tranne se ho sete».

Degustazione.
1) Special Cuvée – 60% Pinot Noir, 25% Chardonnay, 15% Pinot Meunier; quest’ultima uva è utilizzata soltanto per i non millesimati, conferisce frutto e piacevolezza, ma è ritenuta non adatta per i grandi champagne millesimati. E’ interessante notare che per questo come per tutti gli altri vini è utilizzato solo il mosto definito cuvée, cioè i 2050 litri derivanti dalla prima spremitura dei 4000 kg di uva (il marc) immessi nella pressa, mentre il succo della seconda e terza pressatura (tailles), meno soffici, è venduto ad altre aziende. Alla vista ma soprattutto al gusto colpisce la qualità della spuma, con bollicine finissime e carezzevoli.
2) Rosè Brut – E’ non millesimato, nuova creazione recente di Bollinger (esisteva già da tempo il Rosè millesimato, La Grand Année); stesso assemblaggio della Special Cuvée con aggiunta di una porzione di vino rosso di Aÿ. Al naso, complesso, ha una bella nota affumicata, poi intensi frutti di bosco; in bocca è lungo ed elegantissimo. Il dosaggio è più basso, 8 gr / litro, rispetto agli altri prodotti.
3) La Grand Année 2000 – 65% Pinot Noir, 35% Chardonnay; le uve provengono esclusivamente da vigneti Grand e Premier Cru. Degorgement avvenuto a marzo 2010, dopo 9 anni di affinamento sui lieviti. Il naso è intenso e complesso, intrigante, con zafferano, tanti fiori bianchi, note affumicate; le bollicine sono tantissime e finissime; la bocca è suadente, ricca, piacevole e lunga.
4) La Grand Année 2002 Rosé – All’inizio è contratto al naso, poi si apre sontuoso su frutti rossi netti e fragranti, caramello, nocciola, frutta secca e tanto altro; in bocca è immenso: morbidissimo, potente, con elevatissima finezza del perlage, finale freschissimo e di lunghissima persistenza. Un assaggio emozionante ed indimenticabile.
(Davide Amadei - già pubblicato su
www.corrieredelvino.it)

Riferimenti.
CHAMPAGNE BOLLINGER
20 Boulevard du Maréchal de Lattre de Tassigny – 51160 Aÿ
Tel. (+33) 03 26 53 33 66 – Fax (+33) 03 26 54 85 59
e-mail:
contact@champagne-bollinger.fr sito intenert: www.champagne-bollinger.com
Distrituito in Italia da Meregalli Giuseppe s.r.l.

domenica 16 gennaio 2011

Barbaresco 1988 - GAJA


Barbaresco docg 1988 – GAJA
Colore piuttosto concentrato, vivo, rosso granato poco trasparente. Naso di grande eleganza, inizialmente balsamico, prima menta e poi china; successivamente escono note di terra umida, piccoli frutti neri maturi (mora), tabacco; intriganti sentori agrumati; all’assaggio del giorno successivo alle note balsamiche si sostituiscono, oltre alla frutta matura, legni pregiati e radice di liquirizia.
Al gusto dà il meglio di sé: è perfezione e persistenza! L’equilibrio e la bevibilità sono eccellenti: dopo un leggero alcol all’attacco, colpiscono la finezza del tannino, ben presente, ma soprattutto la freschezza sapida. Pulito, succoso e lunghissimo il finale, su note agrumate, di tabacco e frutta matura. In bocca è molto "nebbiolo", ha completamente assorbito il legno, non mostra alcun cedimento per l’età; davvero un grandissimo vino, solo un pelo sotto le aspettative quanto a complessità olfattiva, ma emozionante in fase gustativa.
(A casa, con un risotto al roquefort ed un bel brasato di razza piemontese, 15 e 16 gennaio 2011 – Davide e Silvia)

sabato 1 gennaio 2011

Mouton-Rothschild 1999 D'Alceo 1999 Demi-Sec Beaufort 1996

D’Alceo 1999 Igt Toscana – Castello dei Rampolla
Colore rosso rubino concentrato, solo leggermente granato sull’unghia, denso.
Naso intenso e di grande complessità, nettamente balsamico, con evidente canfora, poi cacao, note tostate; successivamente esce tanta frutta matura, mora, prugna, piccoli frutti neri; ed ancora tabacco e liquirizia, note terrose.
In bocca ha grande materia, tannini di grana finissima, è fresco e, soprattutto, decisamente sapido, in fin di bocca pare cedere ma subito riemerge lunghissimo, su sensazioni minerali, balsamiche e di frutti neri in confettura, con leggero alcol e calore, ma buon contrasto.
Un grande vino.

Chateau Mouton-Rothschild 1999 Pauillac 1er Grand Cru Classé – Chateau Mouton-Rothschild
Naso di grande finezza, all’inizio ha leggero legno da integrare (spezie dolci, cannella), ma subito emergono intriganti e distinte note di piccoli frutti rossi (fragola, ribes), tanto pepe, cipria e sentori minerali; successivamente note agrumate (cedro), leggera frutta secca, cioccolato dolce, poi menta e china.
Ma è in bocca che colpisce e manifesta la sua classe: è di rara eleganza e di eccezionale equilibrio; morbidissimo all’attacco, ha tannini dolcissimi ed elevata freschezza acida, finale perfetto, sapido, pulito, corrispondente, rinfrescante e succoso; soprattutto ha incredibile persistenza, infinita.
Un assaggio emozionante.
Al riassaggio il giorno dopo presenta ancora un'intatta finezza che rimane con l'eleganza il bel tratto distintivo di questo vino; belli i sentori di mora e tabacco dolce, ben presenti.

Champagne Demi-Sec Ambonnay Grand Cru 1996 (degorgement ottobre 2007) – Andrè et Jacques Beaufort
Veste quasi dorata. Naso molto intrigante e complesso, agrumato, decisamente minerale, salino, con sentori di salmastro ed alga, note di fungo, caramella d’orzo; in bocca è freschissimo, dolce ma sapido, molto acido, con bollicine finissime; il finale è molto lungo, rinfrescante, chiede sempre un altro sorso… e la bottiglia finisce in pochissimo tempo… Uno champagne originale, di rara piacevolezza e profondità.

A casa Amadei, 27.12.2010

mercoledì 10 novembre 2010

André et Jacques BEAUFORT: champagne e amore per la vita







Quando si arriva ad Ambonnay, all’indirizzo di André e Jacques Beaufort in Rue de Vaudemange, ci si chiede se non si sia sbagliato, se non si sia davanti al cancello di una casa in stato di abbandono.
Poi, si incontra Jacques, ci si presenta e subito si è colpiti dalla sua estrema semplicità e simpatia; si inizia a parlare di vino, di vigne, di champagne, e allora si capisce che tutto parla di naturalità, di umiltà, di passione per la coltivazione del vigneto e di amore per la vita.
Amore per la vita che Jacques ha realizzato mettendo al mondo 9 figli, di cui uno, Aymeric, dopo aver studiato enologia a Montpellier, ha un’azienda a Dions, vicino a Nimes, il Domaine de l’Ocre Rouge, dove coltiva i vitigni tipici del Sud (syrah, carignan, grenache) ma produce anche champagne da chardonnay e pinot noir con i metodi del padre.
Ma, soprattutto, parla di amore per la vita la vicenda umana della famiglia Beaufort produttrice di champagne.
Nel 1969 André, padre di Jacques, rischia di morire per un’allergia causata dal contatto con i prodotti chimici di sintesi impiegati nelle vigne; ne consegue una ricerca di trattamenti diversi, rispettosi dell’ambiente e della salute. Così, dal 1971 i Beaufort adottano, per la coltivazione della vite, le regole della “agrobiologia”; dal 1974 sperimentano e poi utilizzano oli essenziali per limitare l’evoluzione dei funghi parassiti in vigna; dal 1980 iniziano ad applicare l’omeopatia. Si legge sul sito aziendale che il terreno è lavorato mediante zappature leggere che limitano la concorrenza delle erbe nocive in superficie ma non intaccano le preziose radici della vite, e il suolo, al posto dei fertilizzanti chimici, è nutrito con un composto vegetale prodotto da loro stessi in azienda e arricchito con polvere di ossi di macelleria e farina di sangue. Questo composto viene sparso su tutta la superficie del terreno e consente di mantenere la quantità di humus necessaria per la vita, costituendo altresì uno schermo che conserva l’umidità per più tempo in caso di siccità. Ne deriva anche che il suolo, in quanto ben areato grazie al composto, al lavoro di zappatura ed agli organismi viventi come i lombrichi, possiede una grande permeabilità che facilita il rifornimento delle riserve idriche sotterranee.
Dall’incontro personale e dal colloquio con Jacques si impara che per lui ciò che conta non è il gusto sempre uguale o la riconoscibilità del prodotto da parte del consumatore di champagne; qualità è, invece, diversificazione sulla base del terroir, che i metodi dell’agrobiologia consentono di far esprimere con la massima spontaneità e naturalità, per cui il vino che ne deriva è vivo, ogni annata è diversa, non necessariamente migliore o peggiore, semplicemente caratterizzata, unica ed irripetibile; la vita del vino poi evolve in bottiglia, modificandosi, crescendo in complessità.
L’azienda ha i vigneti in due zone: a Polisy, nell’Aube, Côte de Bar, vicino a Bar-Sur-Seine; e ad Ambonnay, comune Grand Cru della Montagne de Reims, dove è anche la casa di famiglia e la sede dell’azienda; per i tre quarti le vigne sono piantate a Pinot Noir e per il resto a Chardonnay.
Tutti i vini, a parte i Rosé, sono assemblaggi di 80% Pinot Noir e 20% Chardonnay della medesima area. I Rosè, invece, sono prodotti da Pinot Noir di Ambonnay e da Chardonnay di Polisy.
Gli champagne che Jacques fa assaggiare ai visitatori non sono conservati, ovviamente, in un moderno frigorifero a temperatura controllata, ma in un grande contenitore termico, o porta-ghiaccio, nel quale ogni mattina inserisce una bottiglia di plastica con acqua ghiacciata.
La sua proposta, in controtendenza rispetto ai consueti dogmi, è quella di servire e degustare lo champagne a 12-13°C, non più freddo, per consentire l’emersione dei profumi: a 8°C non si sente nulla al naso, non si fa esprimere il vino, il terroir e l’annata con le loro caratteristiche. Del resto gli champagne Beaufort hanno una loro intrinseca elevata acidità che non necessita della bassa temperatura per essere percepita, ed a temperatura più elevata si gode di tutta la complessità olfattiva di cui gli champagne sono capaci.
Al momento degli assaggi le bottiglie erano tutte già aperte da due giorni, alcune da una settimana o anche un mese, e ciò, se ha impedito di percepire al loro meglio le bollicine, ha consentito di capire bene che cosa significhi conservazione del vino grazie alla sua acidità e, in presenza di intensità e complessità olfattive inaspettate, ha lasciato immaginare quanto siano grandi quei vini appena aperti o poco dopo.
Molto premiati sono i Demi-Sec di André e Jacques Beaufort, che amano molto questa tipologia: si tratta di champagne con 45 gr / litro di zucchero, una quantità molto elevata, se si pensa che – dice Jacques – a quasi tutti i produttori 35 gr / litro sembra già troppo; questa scelta stilistica di dolcezza è consentita dal lavoro in vigna che garantisce elevate acidità, per cui il consistente grado zuccherino è sempre ben equilibrato dalla freschezza. Jacques parla di perfetta fusione dello zucchero nel vino grazie all’acidità, ed all’assaggio colpisce la estrema piacevolezza e bevibilità di questi prodotti, dolci ma per niente stucchevoli.
Per capire i risultati dell’agrobiologia in viticoltura, dalla degustazione dei millesimati 2004 e 2002 di Ambonnay in sequenza è emersa una differenza che subito Jacques ha provveduto a sottolineare e giustificare: l’annata 2002 in Champagne è stata senz’altro migliore rispetto alla successiva 2004 (e questo lo si è percepito dalla struttura maggiore, in bocca, del primo rispetto al secondo); ma i due vini assaggiati presentavano una netta diversità al naso, con il 2002 molto meno complesso del 2004, più espresso e ricco di sentori e profumi. Ebbene: le uve per il 2002 sono state raccolte dai filari esterni della vigna, molto vicini alle vigne confinanti coltivate con metodi convenzionali ed uso di prodotti chimici; le uve per il 2004, invece, provengono dal “cuore” della stessa vigna, da filari insensibili alle “contaminazioni” dei viticoltori vicini e dunque integralmente biologiche e naturali. Ecco che il 2002 ha un naso più semplice e, soprattutto, omologato, mentre il 2004 presenta sentori più variegati e rispettosi del terroir di provenienza, anche se l’annata è stata minore.
Poi Jacques ha fatto un esempio istruttivo di quali conseguenze abbia sul vino la conduzione biologica del vigneto: in viticoltura convenzionale si utilizza il potassio, ma questo prodotto ha la conseguenza di diminuire l’acidità dell’uva e, quindi, del vino. In altre parole, il prodotto di una vigna che non riceve potassio ha un’acidità migliore rispetto a quello che proviene da piante abituate a concimi chimici per aumentarne la produttività.
Ciò che caratterizza i vini di Beaufort è senz’altro l’elevata acidità che li rende sempre freschi e piacevoli anche quando sono molto evoluti oppure contengono un consistente dosaggio zuccherino.
Ecco che gli champagne che più hanno colpito all’assaggio,il 25 agosto 2010, sono i millesimi più risalenti nel tempo ma con degorgement recente dopo lungo affinamento: l’Ambonnay 1996, sboccato a luglio 2010, aveva un’acidità da Chablis Grand Cru 2009. E non a caso in vendita l’azienda ha una vera e propria collezione di vecchie annate, fino agli anni Settanta del 1900. Del resto Jacques invita ad aprire i suoi millesimati più affinati dopo qualche anno, anche dieci, dal degorgement, per godere appieno della complessità di cui sono capaci.

Degustazione.
1) Polisy Brut s.a. (ma 2006; del millesimato sono state prodotte solo 3000 bottiglie) – Colpisce la finezza delle bollicine; al naso sentori di fieno e frutta fresca.
2) Polisy Brut Millesimé 2002 – Naso fine ed elegante, con una netta e bella mineralità; la bollicina è finissima, sembra quasi che non ci sia ma invece invade il palato; fresco, lungo e pulitissimo il finale, sapido e ancora minerale.
3) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2004 - Naso complesso, con bei frutti rossi eleganti, note minerali, leggero sentore affumicato (non da legno).
4) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2002 - Miele, note affumicate, mineralità; meno complesso al naso, ma più strutturato e persistente in bocca, dove torna una netta sensazione di miele di acacia.
5) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2000 (bottiglia aperta da un mese!) – Bellissimo naso, con mineralità, frutta secca, erbe aromatiche fresche… Finezza di perlage e acidità netta in bocca, lungo.
6) Polisy Millesimé 1999 – Naso più semplice degli altri, ma nettamente minerale, elegantissimo; bella acidità, è molto verticale, dritto, lungo.
7) Polisy Millesimé 1996 – 9 gr / litro di zucchero, sboccatura 2008; naso elegante e complesso, frutti rossi, fiori bianchi, minerale; la bollicina è finissima; in bocca ha grande acidità, il finale è lunghissimo.
8) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 – Naso intrigante, complesso, con noccioline, mineralità, leggera frutta secca; ha un’acidità da Chablis 2009… strutturato e lunghissimo; un grande vino.
9) Rosé Millesimé 2005 – Al naso escono rosa, fragola e tanta mineralità; le bollicine sono leggermente meno fini degli altri vini, ma la piacevolezza è grande.
10) Ambonnay Grand Cru Rosè Millesimé 2004 (aperto da un po’ di tempo, è senza perlage)
11) Rosè Millesimé 2005 Demi Sec – Naso complesso con tanta fragola; bocca dolce, piacevole e fresca, ancora su note evidenti di fragola.
12) Polisy Millesimé 2002 Demi Sec - Anche questo molto complesso al naso! Lungo, zucchero molto ben fuso.
13) Ambonnay Grand Cru Millesimé 2005 Demi Sec – Incredibile bevibilità.
14) Polisy Millesimé 1996 Demi Sec – Naso molto intenso e complesso, con un catalogo di piccoli frutti rossi.
15) Ambonnay Grand Cru Millesimé 1996 Demi Sec (degorgement 2007) – Grande nota minerale, poi tanta frutta rossa… Elegante e freschissimo. Emozionante, come il “fratello” Polisy.
[I successivi vini sono stati versati da bottiglie che Jacques aveva aperto ad aprile 2010 (da più di 4 mesi!) per una degustazione con i sommelier del ristorante “Noma” di Copenhagen, recentemente incoronato come il miglior ristorante del mondo, superando El Bulli di Ferran Adrià. Tutti presentavano una leggera nota ossidativa, ma colpivano per la presenza di profumi, per una acidità nettissima e per un perlage quasi svanito ma ancora percepibile].
16) Polisy Brut Millesimé 1995 (degorgement 2007) – Bel naso, leggera ossidazione, frutta secca, mandorla… Clamorosa acidità.
17) Polisy Brut Millesimé 1990 (degorgement 2008, circa 17 anni sui lieviti) – Complesso, evoluto al naso, con frutta secca dolce (fico secco); grande acidità in bocca, sembra giovane.
18) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1991
19) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1990 – E’ un Sec, poiché per un errore di dosage di questa bottiglia ci sono 20 gr / litro di zucchero.
20) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 – Grande complessità olfattiva, frutta secca, note burrose, pan-brioche, c’è ossidazione, anche in bocca, ma grande bevibilità e freschezza acida che mantiene il vino ben in vita.
21) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1989 Demi Sec (40 gr / litro)
A casa, dopo cena:
22) Ambonnay Grand Cru Brut Millesimé 1988 (degorgement 1999) – Perlage presente, non molto ma finissimo; colore giallo dorato vivo; al nasco escono tanta frutta secca, note minerali e sentori ossidativi. In bocca ha perlage che sembra scarso ed invece poco dopo l’ingresso accarezza e riempie la bocca; il vino entra morbido e poi genera salivazione abbondante, con bella acidità che rende piacevole ed equilibrata la bevibilità; emerge una netta albicocca essiccata, poi il vino vira su note ossidative, tanta frutta secca e ritorni di fieno, mineralità e sottobosco (che col tempo sono poi usciti anche all’olfazione diretta); persistente il finale. Per alcuni degustatori la nota ossidativa manifesta l’inizio della parabola discendente e non rende soggettivamente piacevole l’assaggio; per altri (tra i quali chi scrive…) è risultato un vino intrigante, certamente evoluto ma ancora vivo e presente, capace di emozionare.
DAVIDE AMADEI (già pubblicato su www.corrieredelvino.it)

Riferimenti:
Champagne BEAUFORT André & Jacques
1 Rue de Vaudemanges, 51150 AMBONNAY
Tel: 03.26.57.01.50 (+0033) fax: 03.26.52.83.50 (+0033)
e-mail: ajbeaufort@free.fr sito internet: http://www.champagnebeaufort.com/